Con una punta d’orgoglio potremmo dire, parafrasando una nota canzone: “Era già tutto previsto” visto che, quasi in solitudine, avevamo parlato di un sistema politico che stava implodendo; ma sarebbe una lettura parziale della situazione politica molisana, perché quello che sta accadendo va oltre ogni ‘nefasta’ previsione, intendendo ‘nefasta’ per i politici e solo per loro. E’ successo quello che fino a pochi mesi addietro sembrava materia da film di fantascienza: un sistema politico, di governo e di controllo è crollato all’apparenza da un giorno all’altro generando un effetto a catena i cui esiti sono già numericamente rilevanti e presumibilmente diventeranno a breve sconvolgenti. Quelli che erano considerati i ‘dominus’ della politica, che per ricevere imponevano due o tre filtri, neanche si trattasse di un break point di uso militare e che dovevano pensare anche solo se dispensare o meno il saluto in strada, si sono ritrovati da un giorno all’altro fuori dai giochi e dovranno iniziare a pensare ad un futuro da pensionati, anche se nel loro caso l’emolumento sarà di una certa rilevanza. In poche settimane la nomenclatura politica molisana è passata dall’aspirazione alla presidenza della Regione, che per alcuni era interpretata addirittura come certezza, al presunto oblio. Ricordiamo che hanno rinunciato all’ipotesi, in sequenza, politici consolidati come Michele Iorio e in via preventiva Mario Pietracupa nel centro destra e Paolo di Laura Frattura e Roberto Ruta, cioè gli attori di una contesa infinita e stancante, nel centro sinistra. Nel secondo caso la storia potrebbe essere degna di un film sugli equivoci ed il gioco della parti: i due hanno mandato avanti un braccio di ferro, poi rinunciato formalmente alla ‘nomination’, poi sono tornati nella contesa ed infine hanno rinunciato nuovamente, pare a seguito di una certa pressione da parte della dirigenza nazionale del PD. Per tutti quello che sembrava essere un prestigioso incarico adesso viene visto come la peste bubbonica. Ricordiamo di aver più volte segnalato pubblicamente l’errore di strategia, che ha portato al collasso: lo slittamento della data delle elezioni regionali, che in un clima di tensioni sociali già in gestazione, ha generato una reazione elettorale come in Molise non si era mai vista praticamente dalla nascita della Regione. Gli elettori hanno messo in pratica una vera e propria rivoluzione elettorale, dando ai Cinque Stelle ed in parte anche alla Lega, il mandato a manifestare la loro insofferenza, il fastidio e l’avversione verso la politica che aveva gestito la ‘res publica’ molisana almeno negli ultimi trent’anni. Quello che è successo il 4 marzo è niente in confronto a quello che sta succedendo adesso: partiti e movimenti che si affrancano dalle coalizioni per le quali avevano lavorato intensamente per settimane ( è il caso di Democratic@, che dopo aver spianata la strada a Roberto Ruta nella scalata alla scranno più alto a palazzo Vitale, adesso si smarca dall’aggregazione e boccia la candidatura di Carlo Veneziale, ma anche l’Idv si chiama fuori, mentre nel centro destra esce di scena ‘Idea’, con relative dimissioni del referente regionale, Maurizio Tiberio). Quello che più colpisce è il comportamento dei ‘non-politici’, la base dei militanti, i consulenti delle segreterie partitiche, il sottobosco che teneva in piedi le relazioni con l’elettorato; centinaia di persone che si ponevano a mediatori con il potere, vantandosene oltre misura e che adesso fingono di non conoscerlo e forse fra poco negheranno la loro stessa identità. E’ lo sconquasso totale e forse non abbiamo ancora visto tutto. Di fronte al terremoto che non ti aspetti le due coalizioni hanno fatto una scelta comune, candidare a presidente un tecnico stimato (Donato Toma) ed un tecnico-politico equilibrato (Carlo Veneziale), ma con approcci diversi. Il centro destra ricorre alla grande ammucchiata, cercando di imbarcare quanta più gente possibile, al punto che anche un ipotetico comunista adesso verrebbe accolto a braccia aperte o con il tappeto rosso al passaggio; il centro sinistra, invece, sceglie la strada della frantumazione continua, che forse consoliderà la sconquasso ma farà chiarezza e faciliterà la ricostruzione seguente. L’idea è che nel mezzo ci sia in gestazione la seconda rivoluzione silenziosa, quella delle amministrative; la gente vuole dare un segnale politico alla vista specialistica spostata di sei mesi, al posto letto non trovato, al ticket sanitario insopportabile, al posto di lavoro per il figlio che è stato negato, ai privilegi della politica che non sono stati intaccati, in sostanza alla generale indifferenza del potere verso i problemi dell’uomo qualunque, quello che a malapena arriva alla fine del mese. I Cinque Stelle non parlano dell’argomento, ma i bar molisani potrebbero ricevere vari ordini di prenotazione di bottiglie di spumante, tutte datate tra il 25 e il 26 aprile.
Stefano Manocchio