La riflessione/ Il Governo aumenta gli stipendi ai sindaci: e i costi della politica?

La misura non mancherà di alimentare la polemica sui costi della politica. Nella prima legge di Bilancio  firmata dal premier  Mario Draghi  e dal ministro dell’Economia  Daniele Franco, sono previste revisioni tabellari negli emolumenti degli amministratori pubblici, nello specifico i sindaci, che nel corso di un triennio si vedranno aumentare gli stipendi, fino a parametrarli, entro il 2024, a quelli del presidente di Regione. I primi aumenti, progressivi, già dal prossimo anno.
Non è questione di poco conto, dal punto di vista economico; il criterio è di premiare in base all’importanza del Comune amministrato. Intanto vediamo lo stato dell’arte attuale. Le retribuzioni lorde base sono  disciplinate dal Decreto n.119 del 4 aprile 2000, in applicazione della Legge Bassanini (265/1999).
Il tabellare prevede stipendi lordi da un minimo di 1290 euro al mese (comuni fino a mille abitanti) e fino a 7800 euro (comuni con oltre 500.000 abitanti). Se il comune amministrato è una città metropolitana o un capoluogo di regione, il sindaco ha l’indennizzo dello scaglione di popolazione immediatamente superiore. Anche la nuova norma regolamentare prevede delle distinzioni in base all’importanza del comune amministrato; nello specifico è stabilito che ciascuno stipendio sia commisurato al  numero di abitanti  e all’importanza del comune, intesa come espressione di capoluogo di regione, o di provincia, o se sia un semplice municipio. L’aumento arriverà al 100% nel caso delle città metropolitane (che sono 10, ndr.); per le città capoluogo di regione e di provincia con più di 100mila abitanti l’aumento sarà pari all’80%  dello stipendio attualmente percepito, mentre sarà del 70% fino alla soglia di  100mila abitanti e via via a scalare per la fascia tricolore nei comuni minori, fino ad un aumento che comunque sarà sempre superiore al 16%. E’ anche stabilito che se il primo cittadino decida di non fare dell’attività di sindaco quella esclusiva per il periodo di mandato, vi sia una decurtazione della metà dell’aumento spettante.
Facendo ‘il conto della serva’, sia Campobasso che Isernia dovrebbero essere compresi nella fascia dei capoluoghi di regione e provincia fino a 50.000 abitanti e quindi i sindaci beneficiari di un aumento del 70% del compenso degli emolumenti, mentre il sindaco di Termoli, essendo il comune non capoluogo di provincia e con popolazione inferiore a 50.000 abitanti, riceverà un aumento del 45% e via discorrendo per tutti i comuni molisani con aumento proporzionato al numero di abitanti.
Questi i dati, adesso s’impone un ragionamento. La funzione dei sindaci nel tempo è cambiata ed è indubbio che siano grandemente aumentate le responsabilità in capo ai primi cittadini, ma anche che queste vengano già considerate nella normativa vigente; in verità leggendo gli scaglioni attuali sembrerebbe di ravvedere un certo livellamento sugli stipendi non rispondente alle effettive responsabilità se è vero che tra il sindaco del Comune di 5.000 abitanti e quello con popolazione dieci volte superiore vi sia al momento uno scarto non paragonabile al ruolo ed alle differenze di responsabilità nella gestione pubblica.
Adesso i sindaci sono chiamati in causa, anche da punto di vista penale e del risarcimento danni, su una moltitudine di fatti ed eventi sul territorio amministrato ed è indubbio che a Campobasso, Isernia e Termoli questa fattispecie possa essere frequente e con conseguenze anche rilevanti, mentre ci sono Comuni piccoli nei quali la vita scorre tranquillamente e dove governare è un impegno serio ma non carico di eccessive responsabilità. Con il Decreto Draghi le differenze aumenteranno, ma anche i costi a carico della pubblica amministrazione e, quindi, dei cittadini (e notevolmente, anche!).
Gli aumenti ipotizzati nel decreto, anche considerando tutto quanto detto, sembrano essere di un livello esagerato, addirittura ‘abnorme’ se paragonato, ad esempio a quelli medi nella pubblica amministrazione. Siamo abituati a vedere i sindacati a fare le barricate per aumenti contrattuali nell’orine di poche decine di euro al mese e spesso concessi anche in maniera scaglionata; quindi aumenti dal 16% al 100% sono numeri praticamente fuori dal mondo per tutti gli altri. Inoltre, se è vero che ci possono essere responsabilità soggettive ed oggettive nella gestione amministrativa per i sindaci è anche vero che di fatto non è che gli stessi siano al momento sottopagati rispetto al carico di responsabilità; la loro entro certi limiti è una ‘mission’, non quantificabile con concetti ragionieristici e chi accetta la fascia tricolore sa in partenza che dovrà assumersi degli oneri e anche dei rischi.
In conclusione si tratta di trovare il giusto compendio tra il nuovo ruolo dei primi cittadini e il rischio di creare un generalizzato ed ingiustificato ulteriore aumento dei costi della politica, che in Italia sotto molti aspetti sono già oltre la soglia di sopportazione. Il parametro, nel 2024, agli stipendi di presidente di Regione è eccessivo, come tutti gli stipendi posti almeno su quel livello istituzionale. Insomma è la solita storia della politica che per se stessa deroga a qualunque concetto di sacrificio, abbandonando le norme di rigore che usa con gli altri; in questo è sicuramente casta (ma non nel senso della purezza).
L’analisi merita ulteriori approfondimenti; questa sarà materia di discussioni ampie e che lasciamo ad economisti e politologi.
Stefano Manocchio

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