La tempesta elettorale dei giorni scorsi ha creato in Molise un clima politico surreale; l’elettorato locale, notoriamente ‘soporifero’ ha abbracciato in massa il voto di protesta, che adesso pone una serie di interrogativi nella classe politica. Negli ambienti vicini alla maggioranza regionale tutti sembrano come il pugile che riceve il ko ed al ‘risveglio’ si muove sul ring senza meta. “E adesso cosa succederà?”: la domanda è un tormentone, promosso da chi da un giorno all’altro si è trovato ad affrontare una situazione di cui finora ignorava persino l’esistenza. Vediamo adesso di analizzare gli errori di chi ha generato una ‘debacle’ politica senza precedenti. Da mesi era evidente lo scollamento tra la classe dirigente dei partiti, soprattutto di centro sinistra e l’elettorato; la maggioranza alla Regione ha pervicacemente mandato avanti una politica non solo impopolare, ma completamente insensibile alle istanze provenienti dal basso. Su tutti i temi, sanità in primis, il livello della protesta è sempre stato alto, ma inutilmente. Secondo errore, questa volta elettorale: candidare alle politiche una formazione ritenuta vincente, senza avere contezza di quelli che erano gli orientamenti dell’elettorato. Premesso che nessuno avrebbe mai potuto immaginare la portata del vento di protesta e le percentuali ‘stellari’ (scusate il gioco di parole) dei grillini, giocare carte forti per rimediare percentuali decisamente deboli, come nel caso del Pd, è errore che avrà conseguenze nella coalizione politica, come pare stia già avvenendo. Dopo la tempesta arriverà la notte dei lunghi coltelli, dove alle accuse reciproche seguiranno i comportamenti politici. La maggioranza a palazzo Vitale è a pezzi e non potrà far altro che raccattare i cocci e riorganizzarsi; ma il tempo non è molto, come invece i problemi di coalizione. Le dichiarazioni quasi distensive del presidente della Giunta regionale, anche comprensibili, lasciano il campo a più di un dubbio. Sbagliate sono sicuramente le tentazioni nel centro sinistra di fare parallelismi con il presidente della Regione Lazio, Zingaretti, che in assoluta controtendenza ha vinto le regionali, nonostante il dato delle politiche. Il paragone ci sembra azzardato per una serie di motivi. Zingaretti non è certo renziano in senso stretto, come invece lo sono le famose tre ‘F’ molisane (Frattura, Facciolla e Fanelli) e non è stato identificato con la politica del segretario nazionale del partito. Punto secondo: in Lazio esiste il voto disgiunto, che proprio in Molise è stato abolito (mi permetto di ricordare di avere detto fino allo sfinimento che era un errore politico); la scelta di Frattura è caduta ed il voto congiunto non sarà adesso particolarmente ambito dai candidati forti a livello regionale. Nel Lazio il centro sinistra ha creato una coalizione ampia; Frattura ha ‘perso’ l’appoggio di Rialzati Molise, quello di Niro ed altri e difficilmente li recupererà dopo il dato delle politiche. E ancora: il molisano sonnacchioso si adegua subito ai cambi di guardia del potere politico. In tanti adesso si chiederanno perché votare un’aggregazione a pezzi e potenzialmente perdente; l’errore dello slittamento della data elettorale peggiorerà la situazione in tal senso. Il presidente della Giunta, come detto, è completamente identificato con la corrente renziana, se ne è avvantaggiato nel momento forte e non potrà non accusare il colpo delle dimissioni, seppur ‘postdatate’, del suo leader di riferimento. Inoltre la ‘frattura’ (ancora un gioco di parole!) con L’Ulivo 2.0 e Ruta e Leva in particolare, avrà effetto dirompente, proprio in virtù della debacle renziana. Ultimo punto: manca il collegamento con il prossimo governo centrale, che è dato dalla deputazione parlamentare. Il centro sinistra non avrà rappresentanza locale e questo fatto non potrà che avere riscontro, soprattutto nelle trattative per la creazione di una coalizione per le prossime regionali. Il re è nudo: e la vestizione (politica) appare alquanto difficile, se non impossibile.
Stefano Manocchio