di Stefano Manocchio
Inizio a dire subito come la penso: l’esito delle elezioni provinciali in Molise, comunque si metta il ragionamento, si identifica con una debacle per il centro destra. Se avessimo fatto un sondaggio tra gli addetti ai lavori alla vigilia elettorale sia di Palazzo Magno che Via Berta, nessuno avrebbe messo la casella sul 2 a 0 in favore del centro sinistra e la tesi del voto ponderato, anche politicamente, non giustifica il risultato finale.
Giuseppe Puchetti e Daniele Saia, pur considerando la rappresentanza ed il potere di voti espressi, forse neanche loro avrebbero un mese fa scommesso sulla vittoria piena. Allora cosa è successo?
A Campobasso bisogna vedere il discorso del cosiddetto ‘caso-Pascale’, con il consigliere campobassano che, accettando l’incarico di vice presidente, automaticamente fa sorgere il sospetto di un voto trasversale; questo hanno fatto pensare le dichiarazioni del commissario regionale della Lega, Michele Marone, il quale ha lamentato anche il fatto di aver appreso la notizia dell’incarico al consigliere solo dalla stampa (ma su ambo le questioni Pascale ha riposto pubblicamente ed ha anche detto di essere e voler rimanere di centro destra).
Il dato di Isernia, pur considerando la maggioranza di centro sinistra nel capoluogo, era quello meno atteso, visto che i sondaggi davano come favorito Alfredo Ricci. Ma anche questo voto contrario non è sfiducia verso i candidati di centro destra, assume invece un significato diverso e più ampio.
La chiave di lettura l’ha data proprio Pascale in un’intervista: è stato un messaggio lanciato da amministratori, soprattutto dei piccoli comuni, che a sei mesi dal voto espresso alle regionali hanno voluto ‘attenzionare’ i vertici del centro destra sulla necessità di essere ascoltati, soprattutto sulle scelte importanti di politica e programmazione da mettere in campo.
E’ un nuovo movimento che, partendo appunto dalle realtà minori lancia un messaggio, ancora in gestazione, anche in vista delle prossime elezioni comunali del 2024: non accettare il ‘voto di scuderia’ fine a se stesso (il grande Indro Montanelli disse una volta che valeva la pena di votare la DC “turandosi il naso”) e invece scegliere a prescindere dalle ideologie.
Io credo che non ci sia stato nulla a remare contro Orazio Civetta e Alfredo Ricci e che gli stessi siano stati vittime incolpevoli di questa piccola rivolta nel centro destra; ma fra pochi mesi ci saranno le elezioni comunali che coinvolgeranno anche le città di Campobasso e Termoli, dove con il voto disgiunto (a mio modo di vedere l’unico in grado di mettere in contatto politici e cittadini) l’appartenenza ideologica conterà ancora meno e dove la differenza la faranno le idee e le persone.
Meditate gente.