E’ trascorso esattamente un anno, 29 agosto 2019, da quando la Giunta Regionale, su
mia proposta, ha approvato la bozza di Piano Regionale Sociale per il triennio 2020/2022
con DGR N. 331, e dopo un fugace passaggio in Consiglio Regionale IL 3 marzo 2020,
nulla è dato sapere sugli esiti del più importante strumento di programmazione del welfare
regionale e locale, che prevede l’impegno economico di 41milioni e 400mila euro
(13milioni e 800mila euro per ogni anno, compreso l’anno in corso).
Siamo di fronte ad un ritardo inconcepibile e inaccettabile; capisco che molti consiglieri,
soprattutto di maggioranza, siano impegnati ad occupare poltroncine e strapuntini di ogni
genere pur di legittimare la loro posizione e la loro “presunta” influenza. Tra l’altro fra un
po’ ci sono anche le amministrative e tra impegni diretti e familiari (!) non si può certo
pensare al Piano Sociale.
Non si può, però, far finta di nulla rispetto all’assenza di qualsivoglia iniziativa rispetto
alla necessità di mettere a disposizione del territorio e dei cittadini molisani una
programmazione di medio periodo in grado di affrontare al meglio le esigenze che
investono le famiglie e i molisani, soprattutto quelli maggiormente esposti a rischio di
emarginazione e di esclusione e soprattutto in questo momento storico di grave difficoltà
generale determinato dalla pandemia da Covid-19.
Mi piace ricordare che la proposta di Piano Sociale, colpevolmente ferma in Consiglio
Regionale,è frutto di un articolato e proficuo confronto con gli ATS e i Sindaci ( incontri si
sono svolti in tutti i Comuni capofila: Agnone, Venafro, Isernia, Riccia/Boiano,
Campobasso, Larino e Termoli, sempre con una nutrita presenza di amministratori locali),
con i rappresentanti del Terzo Settore ( organizzazioni di volontariato e associazioni di
promozione sociale- circa 120 quelle presenti nell’incontro press la sede della Giunta
Regionale), con i rappresentanti delle centrali cooperative ( Lega delle cooperative,
Confcooperative Molise, AGCI),dei Sindacati maggiormente rappresentativi ( CISL, CGIL,
UIL, UGL, Coldiretti) e dei Patronati.
Il nuovo Piano recepisce i principali provvedimenti normativi e regolamentari definiti a
livello nazionale negli ultimi anni:
Piano Sociale Nazionale
Piano Nazionale di Contrasto alla povertà
Piano Nazionale per la Non Autosufficienza.
Si tratta di una programmazione alla quale ho preso parte attiva nella qualità di
Coordinatore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni e
che sono stati il risultato di un ampio confronto politico e tecnico con i
rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’ANCI, delle Città
Metropolitane, dei sindacati, delle Associazioni di volontariato maggiormente
rappresentative.
Un’attività che ha coinvolto le Commissioni competenti, ma ha trovato la sintesi
all’interno della Rete di promozione e protezione sociale, attivata presso il Ministero
del lavoro, che vede la partecipazione di un sistema partenariale ampio e diffuso.
Obiettivo prioritario del Piano era quello di mettere a disposizione del sistema di
governance territoriale (Ambiti Territoriali Sociali e Comuni) risorse certe nel medio
periodo, al fine di consentire una programmazione omogenea e strutturale. Parliamo
di circa 40 milioni di euro nel triennio destinati alla non autosufficienza, alla
disabilità in genere, agli anziani, ai minori, alle famiglie, oltre che al rafforzamento
del sistema di gestione (Uffici di Piano, servizi sociali professionali, uffici di
segretariato sociale).
Se da un lato lo Stato ha tenuto fede agli impegni assunti con le Regioni e con l’ANCI,
garantendo risorse cospicue per il periodo 2019/2021, ulteriormente incrementate,
peraltro, in presenza dell’emergenza coronavirus si pensi al Fondo nazionale politiche
sociali, a quello sulla Non Autosufficienza e a quello di contrasto alla povertà, la Regione
(basta leggere gli interventi di questi giorni sui media regionali) ha totalmente disatteso gli
impegni presi: niente cofinanziamento per la non autosufficienza, niente per il Fondo
sociale regionale, niente per le rette di ricovero dei minori in istituto (con molti Comuni
esposti a rischio di dissesto perché non in grado di far fronte a tali oneri), niente per i
farmaci di fascia C per le patologie rare, niente per i molisani costretti a recarsi fuori
regione per prestazioni sanitarie non erogate dai presidi pubblici o convenzionati operanti
sul territorio.
Il dubbio è che proprio per la impossibilità, io direi per la mancanza di sensibilità e di
attenzione, nel garantire la quota di risorse regionali la maggioranza consiliare preferisca
non affrontare la discussione in Consiglio e non esporsi alle contestazioni non tanto
dell’opposizione quanto dei cittadini e delle famiglie molisane.
Luigi Mazzuto