Riceviamo e pubblichiamo
Le stime sulla distribuzione della ricchezza mondiale pubblicate da centri studi internazionali in parallelo con l’avvio del vertice di DAVOS, confermano che l’1% delle persone detiene il controllo sostanziale del Mondo, si scrive le regole a cui attenersi, dispone del futuro dell’umanità, nomina e revoca i Governi, definisce i trattati bancari e commerciali, tutela i propri patrimoni tramite i paradisi fiscali, e ritiene superato il ruolo di intermediazione del consenso svolto dalla democrazia attraverso istituzioni elettive, partiti, organismi intergovernativi, associazioni, leggi nazionali, regolamentazioni o organi giudiziari. In pratica il pilastro della crescita economica ininterrotta su cui regge il capitalismo conferma anche nel 2017 che in realtà il surplus di ricchezza creata finisce quasi esclusivamente nelle tasche dell’1% degli ultraricchi impoverendo il restante 99%. Quindi non solo l’economia genera mostruosità attraverso ricchezza accumulata fabbricando armi, distruggendo il pianeta e negando diritti umani a miliardi di persone, ma il ricavato non determina una redistribuzione di opportunità, di beni essenziali, di libertà e di progresso sociale. Se questo è il tema di fondo con cui il XXI° secolo deve fare i conti, come ci si può illudere di affrontarlo senza approntare un progetto radicalmente alternativo che sia in grado di ricollocare al centro di ogni strategia, l’uomo coi suoi bisogni ed i propri diritti universali ? Nel Mondo cresce la risposta eversiva con derive autoritarie in cui i ceti popolari affidano ad un uomo forte la funzione di tenere a bada i potentati economici, ma in realtà come è accaduto con Trump in America o con Berlusconi in Italia, spesso l’uomo forte è espressione di quell’1% di persone ricche che già comandano tutto. La fragilità della democrazia non riesce ad arginare con i propri strumenti uno scontro di queste dimensioni e lascia i cittadini privi di un’alternativa credibile. Alle paure che spingono i giovani, gli operai e le fasce più povere, verso movimenti neofascisti che alzano proclami contro le multinazionali, si contrappongono grosse coalizioni moderate che dalla Germania alla Francia e all’Italia aggregano le forze politiche allineate alle indicazioni macroeconomiche della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e di tecnocrazie a cui è demandata la difesa dello status-quo. Se l’alternativa ad un sistema capitalistico ingiusto, iniquo e oppressivo, è rappresentata da Trump, Marine Le Pen, Salvini, e da formazioni neofasciste che sfondano elettoralmente e governano in Austria, Polonia, Ungheria e altri territori europei, quale prospettiva si può ipotizzare per non rimanere stritolati tra chi ti toglie i diritti e le libertà con eleganza e chi te li toglie urlando in piazza ? E’ in un contesto simile che andrebbero collocate le elezioni politiche italiane del 4 marzo per capire se c’è o meno ancora spazio per un progetto di società in cui ogni persona è libera di vivere in autonomia, di non dipendere da altri, di accedere ai propri diritti essenziali e di scegliere da che parte stare senza essere condizionata da terzi o da obblighi, necessità o impellenze. Collocarsi a sinistra in Italia non ha senso se non si ricostruisce una sinistra nel Mondo. Questa è la sfida del 4 marzo che si proietta su un orizzonte di indispensabile utopia non dissimile da chi nella storia non si è mai riconosciuto nella legge della giungla ed ha provato ad organizzare un modello sociale con la persona al centro di ogni attenzione. Questa è la sinistra che serve e che bisogna ricostruire ovunque perché non c’è più !
Michele Petraroia