Dopo la caduta del muro, la fine dei due blocchi e delle ideologie, si è vissuto un periodo in cui il capitalismo ha aumentato a dismisura la propria forza, tanto da sfociare nella possibilità di produrre profitti senza creare occupazione, beni o servizi, ma solo dalla movimentazione di cifre economiche (globalismo finanziario). Il benessere sociale globale ha visto l’allargamento costante e impietoso delle diseguaglianze tra gli uomini, con la conseguente stratificazione sociale e la fine del sogno liberale del self made man (il grande inganno).
A tutto ciò la Sinistra è rimasta passivamente spettatrice non riuscendo a capire, e quindi anticipare, ciò che stava accadendo. Una parte di essa è stata sedotta dalla possibilità di migliorare il capitalismo a beneficio di tutti gli individui (una follia) ed è diventata “centrosinistra di governo”, confluito poi nel Partito Democratico attuale. L’altra parte della Sinistra è stata capace di contro-analisi più efficaci, ma nonostante ciò, incapace nel dare un’organizzazione ai processi e un’idea alternativa di modello economico che sostenesse l’urto della globalizzazione dilagante. Risultato: la Sinistra divisa in due macro-blocchi, con in mezzo la dicotomia tra supremazia dei mercati e valore delle persone, spaccatura acuita dalla narrazione utilizzata sempre da chi vuole che la Sinistra sia debole e inesistente.
Se questo è il quadro, tratteggiato appena, bisogna che tutti a Sinistra sentano la responsabilità della crisi sociale, politica e culturale che l’investe, che poi a mio modo di vedere è sempre indice di quella del Paese.
Dunque, Sinistra: che fare?
Per trovare la soluzione a questo disastro, si dovrebbe rimettere in campo un progetto Politico che implichi una visione della società e del mondo ancorata a solidi valori ideali, una nuova propensione nell’organizzare i processi e una ritrovata capacità di analisi che implichi la scelta del punto di vista e dei legittimi interessi che si vogliono rappresentare. Un cambiamento della nostra offerta politica che spieghi come si possa arginare lo strapotere e la pervasività dei nuovi strumenti economici e finanziari. Si tratta di, come ci insegna Stiglitz in quella che lui stesso definisce “capitalismo progressista”, ripristinare un equilibrio tra mercato, Stati e società civile; riconoscere che la ricchezza delle nazioni è il risultato di ricerca scientifica e di una organizzazione sociale che permette di lavorare per il bene comune; affrontare il problema della concentrazione del “potere di mercato”; rompere il legame tra potere economico e influenza politica.
Tradotto in atti concreti, significa avere una Sinistra impegnata sul nuovo statuto dei lavoratori, promuovendo la proposta di legge della CGIL; sulla centralità della sanità pubblica investendo in formazione di nuovi medici e in tecnologia; sulla questione ambientale, come perno di un nuovo paradigma economico e di sistemi di sviluppo, che non abbia bisogno dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sull’ambiente; sul NO netto al regionalismo differenziato, all’autonomia dei ricchi, senza gli equilibrismi che anche il PD sta compiendo in alcune regioni (vedi Emilia-Romagna e Campania); sul ribadire a gran voce che beni pubblici, acqua e asset strategici come le autostrade, svendute ai Benetton e ai Caltagirone, devono essere dello Stato e da esso gestiti.
Per realizzare ciò è necessario organizzare un “fronte largo”, che faccio fatica a definire centrosinistra poiché fuorviante, svuotato di senso e anacronistico, che sia di stampo ambientalista, laburista, progressista e socialista e per la formazione del quale saranno a mio avviso determinanti tre passaggi fondamentali.
Il primo passo dovrà essere lo scioglimento, alla Sinistra del PD, di tutte le formazioni partitiche, associative e più in generale di qualsiasi steccato che mira al sostentamento di piccoli interessi da rendita di posizione. Questo atteggiamento praticato da una classe dirigente stantia, di fatto mina la credibilità e la possibilità di sviluppo di un fenomeno di massa nuovo, libero, che esploda dalla società e che da essa ritrovi le connessioni per interpretare al meglio le necessità delle persone, Hegel direbbe che sappia incarnare al meglio lo spirito del tempo.
Il secondo passo è tutto interno al PD, nella capacità che avrà di autodefinirsi. Finito il tempo della pubertà, il tempo dell’età adulta impone la capacità di saper dire “chi sei” e “per cosa sei utile”. Il PD deve decidere in maniera inequivocabile quali interessi legittimi vuole rappresentare, se vuole stare dalla parte del capitale o delle persone, non confondendo, così come continua imperterrito a fare, il pluralismo interno con la debolezza e l’eccessiva variabilità delle proprie idee. Pluralismo è quando si declinano molteplici esperienze, sensibilità politiche e culture in una tensione unitaria che permette di raggiungere un unico fine. Non è pluralismo se si hanno simultaneamente obiettivi diversi, se si rappresentano contemporaneamente interessi contrastanti, se si sta un po’ con i mercati e un po’ con il lavoro in una sorta di indistinto anemico che non ha il coraggio delle proprie idee. In quel caso si è solo tutto e il contrario di tutto, cioè niente.
Il terzo passo è il dialogo che si deve costruire con una parte considerevole del M5S. Vi è in quel movimento così fluido, camaleontico e indefinito una parte chiaramente ancorata ai valori della Sinistra, con la quale bisogna trovare la forza del dialogo su temi come: beni pubblici, ruolo dello Stato, diritti sociali e individuali, ambientalismo e modelli di sviluppo. Una parte numericamente importante che non si deve fare l’errore di ignorare, ma anzi bisogna sfidare affinché si possa costruire una forza di massa che sappia tornare egemone culturalmente e che sia in grado di innescare nuovi paradigmi economici per un mondo nuovo.
Nicola Palombo
Comitato Promotore Nazionale èViva
Coordinatore èViva Molise