“Più risorse per le politiche sociali e le non autosufficienze”. In videoconferenza si è svolta un’Audizione al Senato della Conferenza delle Regioni in materia di disabilità (legge quadro n. 328/2000 e legge 112/2016), presso la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.
La delegazione era guidata da Michele Marone (assessore regione Molise), coordinatore della Commissione politiche sociali nell’ambito della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
“Il sistema integrato di interventi e servizi sociali previsti dalla Legge quadro 328 – spiega Marone – vede impegnate le Regioni a rafforzare i diritti di cittadinanza sul territorio, secondo principi di coordinamento e di integrazione tra gli interventi sanitari e dell’istruzione e le politiche attive del lavoro.
Il nuovo Titolo V della Costituzione assume l’assistenza sociale tra le materie di competenza residuale esclusiva delle Regioni, allo Stato va la competenza esclusiva nel determinare i livelli essenziali delle prestazioni.
Le Regioni esercitano quindi – spiega Marone – le funzioni di programmazione, coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali e definiscono, in apposite leggi, le funzioni trasferite o delegate ai Comuni. Ma per l’attuazione della legge 328 sono subito mancate le risorse necessarie, evidenziando la contraddizione di non poter garantire i livelli di prestazione richiesti. Basti pensare che si è passati dal miliardo di euro stanziati sul bilancio statale del 2004 ai soli 10 milioni del 2012.
Il decreto legislativo 147 del 2017 ha permesso di superare alcune contraddizioni. Sono state definite le linee guida degli interventi e soprattutto introdotte risorse economiche strutturate. Le Regioni hanno così potuto programmare, adottando uno o più Piani sociali triennali o Piani socio sanitari triennali e una gestione associata dei servizi.
Un altro importante traguardo è stato raggiunto con l’adozione del primo Piano Sociale Nazionale che ha visto una graduale introduzione su tutto il territorio nazionale di livelli essenziali di assistenza.
Il Piano è stato finanziato con 276 milioni di euro nel 2018 e 281 dal 2019, successivamente la Legge di Bilancio 2019 ha stanziato ulteriori risorse per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), portandolo a quasi 394 milioni per il 2019. C’è poi il cofinanziamento regionale, che in alcuni casi è più elevato della quota del Fondo Nazionale.
Permangono comunque differenze territoriali nella spesa sociale e ci sono anche ritardi nell’erogazione delle risorse da parte dello Stato. Queste sperequazioni vanno rimosse al fine di garantire la piena uniformità dei servizi.
E’ ormai evidente che non possa essere più rimandata la definizione
dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere frutto di
confronto e di intesa istituzionale. Non si può fare a meno
dell’apporto di Regioni e Autonomie nel garantire i livelli
essenziali, che devono essere affiancati dalle necessarie coperture
finanziarie.
In particolare è pertanto necessario incrementare il Fondo Nazionale
delle Politiche Sociali e il Fondo per le non autosufficienze, come la
Conferenza delle Regioni ha più volte evidenziato. Dobbiamo rispondere
subito alla crescente domanda di servizi sociali e assistenziali
dovuti alla pandemia.
Per quanto riguarda invece la Legge 112 del 2016, definita “Dopo di
noi”, le Regioni forniscono Progetti individuali per le persone con
disabilità gravi, promuovendo sul territorio misure di assistenza,
cura e protezione ai soggetti privi di sostegno familiare.
Per il “Dopo di noi” sono stati stanziati 90 milioni per il 2016; 38,3
per il 2017 e 56,1 milioni di euro a decorrere dal 2018 (ridotti nel
2018 a 51 milioni per i tagli sul bilancio dello Stato).
Seppur con comportamenti non uniformi, rispetto agli obiettivi
regionali, la maggior parte dei fondi sono stati trasferiti agli
Ambiti Territoriali Sociali, responsabili della programmazione, e
attivati processi di condivisione e di informazione alle famiglie e ai
disabili.
Le Regioni, in base al principio della leale collaborazione
istituzionale, hanno realizzato il monitoraggio delle attività
realizzate e dei progetti finanziati. Nel 2018 il 57% dei beneficiari
sono maschi e i tre quarti dei disabili interessati hanno tra i 25 e i
65 anni. Il 6% dei progetti personalizzati ammessi a finanziamento
prevedevano una rivalutazione delle condizioni abitative, il 20%
l’uscita dal nucleo familiare e il 74% percorsi programmati di
accompagnamento verso l’autonomia e l’uscita dal nucleo familiare.
Sono il 15% le persone prive di risorse economiche proprie e di
entrambi i genitori. Ma la maggioranza non è in grado di assicurare il
proprio sostegno, non per ragioni economiche ma per motivi di età e di
salute.
La valutazione operativa è sostanzialmente positiva e le stesse
risorse rese disponibili dallo Stato nella prima triennalità sono
state confermate anche per il prossimo triennio”.