Lo specchio del Molise riflette la chiusura avventurosa di una legislatura tra strappi, anomalie, vuoti di rappresentanza, eccessi di potere e assenza di Politica. In altre regioni a nessuno sarebbe venuto in mente di approvare una legge elettorale alla scadenza di mandato. Insieme ad altri ho votato contro quel provvedimento in Aula, sostenendo che in democrazia la parità di opportunità tra candidati, partiti e coalizioni, per essere garantita ha bisogno di regole conosciute da tutti in tempo utile, pena la disparità di condizione.
Sarebbe bastato un sano buonsenso per non approvare la nuova normativa, evitare problemi interpretativi, impugnative vere o presunte, e lettere informali mai pervenute in copia ai consiglieri regionali, per chiudere la legislatura alla scadenza naturale e tornare alle urne il 4 marzo. Ma il Molise è un luogo dove le cose funzionano al contrario, ci si straccia le vesti nel confondere il dito con la luna, e dove è raro incrociare un confronto con soggetto, predicato verbale e complemento oggetto. L’analisi di contesto, gli indicatori socio-economici, i riferimenti storici, i dati statistici, i flussi demografici, i criteri scientifici e l’approfondimento di merito delle questioni, vengono sostituite da slogan mutevoli, approcci di corto respiro, assenza di studio, reti clientelari e promesse a futura memoria. La velocità delle decisioni viene presa a pretesto per zittire le parti sociali, ignorare le comunità locali, non dare spazio alle forze politiche ed evitare il confronto di merito anche nelle sedi istituzionali quando si è chiamati a votare su quei provvedimenti. Nella seduta consiliare del 16 gennaio ho sostenuto l’anticipo della trattazione al primo punto dell’ordine del giorno per far indicare il 4 marzo come data per le elezioni regionali, ma bocciata la proposta per un solo voto, ho ritenuto mio dovere insieme ad un altro consigliere di intervenire in Aula sul Documento di Economia e Finanza Regionale, atto di programmazione di 150 pagine che traccia le linee di sviluppo per il prossimo triennio 2018-2020.
In una qualsiasi altra regione, sarebbe stato incomprensibile assistere ad un confronto lunare su un documento strategico di tale rilevanza fatto in un’Aula vuota e senza alcun intervento del Governo Regionale e della Maggioranza, come a dire che affrontare i temi dello sviluppo nella massima sede istituzionale locale è una perdita di tempo, tanto il futuro del Molise si decide altrove e non in Consiglio Regionale. Se qualcuno si prendesse la briga di andarsi a rileggere i resoconti consiliari sullo sviluppo regionale presentati dall’allora Presidente Florindo D’Aimmo acquisirebbe consapevolezza sulla distanza culturale abissale che ci separa da quel periodo e da quella cultura democratica.
Non bastasse ciò, ho trovato in linea coi tempi il post di una giornalista su un portale che riteneva anomalo, non il vuoto dell’Aula, bensì gli unici due interventi sul merito del Documento Programmatico fatti con osservazioni mirate, proposte alternative e sottolineature sui limiti di un DEF ordinario insufficiente, inadeguato ed inefficace. Una Regione al contrario che non si accorge che il 15 gennaio l’Emilia-Romagna ha annunciato la firma di un ampliamento dell’autonomia col Governo, anticipando Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria, che la seguiranno a ruota, per ottenere più poteri e più fondi, nel mentre in Molise si aborrisce il confronto e ci si ingegna per andare contro il buonsenso e contro il futuro
Michele Petraroia