La Consigliera di parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo, nel condividere l’intervento del Presidente della regione Molise Donato Toma sull’importanza di intervenire sulla tutela della salute in via preventiva a partire dai banchi di scuola, richiama la riflessione anche su un tema legato anch’esso alla salute quali sono le molestie sui luoghi di lavoro, il mobbing e ogni altra forma di discriminazione che minano l’integrità psico-fisica delle lavoratrici e dei lavoratori. Con la legge di Bilancio 2018 è stato fatto un passo avanti – afferma Giuditta Lembo -sono state previste infatti una serie di misure a tutela delle donne vittime di violenza e, più in generale, dei lavoratori e delle lavoratrici che subiscono molestie sui luoghi di lavoro e spesso sono sottoposti a discriminazioni, demansionamenti, trasferimenti o licenziamenti. In particolare si prevede che la lavoratrice (o il lavoratore) che agisce in giudizio per la dichiarazione di discriminazioni per molestia, in caso di riconoscimento giudiziale dell’illegittimità del licenziamento, ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dal datore di lavoro. Infatti, se da un lato si incentiva l’assunzione di donne vittime di violenza, dall’altro si vietano atteggiamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che denunciano le molestie subite. E, nei casi più gravi, rischia il licenziamento il dipendente pubblico che pone in essere atteggiamenti e comportamenti gravi di molestia sul luogo di lavoro.
I datori di lavoro sono tenuti ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile ad assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative più opportune di natura informativa e formativa al fine di prevenire un fenomeno sempre più emergente. I dati Istat parlano di 9 donne su 100 che nel corso della propria vita lavorativa sono state oggetto di molestie o di ricatti a sfondo sessuale sul luogo di lavoro (1 milione e 403 mila), ma che solo il 20% ne parla con qualcuno (di solito colleghi di ufficio) e solo lo 0,7% denuncia. Una violenza- afferma la Lembo- quella delle molestie, dei ricatti e discriminazioni sul luogo di lavoro, che colpisce tutte le tipologie soprattutto di lavoratrici, dalle libere professioniste alle dipendenti, in maniera particolare quando la lavoratrice si trova in una condizione di debolezza, perché precaria o disoccupata, o perché aspira ad un avanzamento di carriera. Spesso le molestie e le violenze vengono considerate al pari di un fatto privato, si ha paura a denunciare per imbarazzo, vergogna, timore di ulteriori conseguenze, e anche mancanza di prove. Per questo le vittime preferiscono restare in silenzio, rischiando un clima di isolamento anche sociale.
Ma violenza è anche il ricatto di licenziamento per una lavoratrice incinta o per un immigrato in permesso di soggiorno, oppure il caporalato che vede tanti braccianti e tante braccianti costrette a lavorare in condizioni e orari disumani. Un fenomeno quello delle molestie e discriminazioni sui luoghi di lavoro, non solo legato alle donne, ma anche, ad esempio, ai lavoratori disabili o deboli. Quindi, una violenza psicologica che incide sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori e che porta a pericolose ed importanti situazioni di stress come la perdita dell’autostima, ansia, depressione, apatia, disturbi del sonno che possono persistere per anni dopo gli avvenimenti che li hanno originati, che portano ad assentarsi dal lavoro e che hanno un elevato costo sociale.
In relazione a ciò si rileva fondamentale – conclude la Lembo-ovviare alla prima criticità, qual è la mancanza di adeguata legiferazione in questo senso, approvando una legge regionale sulla tutela psico-fisica dei lavoratori e delle lavoratrici che io stessa avevo proposto nel lontano 2007 e della quale più volte avevo sollecitato l’approvazione ai diversi Consigli regionali che si sono succeduti nel corso degli anni; in secondo luogo, promuovere e sostenere il ruolo delle Consigliere di parità provinciale e regionale, nonché rafforzando la sinergia tra Le Consigliere di parità con le parti sindacali e i CUG(Comitati unici di garanzia) presso le P.A.