Credo che noi donne siamo portatrici di interessi che travalicano la nostra stessa persona, che sono quelli dei nostri figli, dei nostri genitori, della famiglia: in sostanza della nostra società nel suo complesso. Esordisce così in una sua nota la Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo – per questo serve il nostro punto di vista, la nostra passione, la nostra capacità di cogliere immediatamente l’essenza del problema e di trovarne la soluzione, al di fuori di logiche politichesi per le quali non è tanto necessario fare, quanto impedire che altri facciano. Perché anche la politica deve dare a tutti, uomini e donne, le stesse opportunità di partenza, perché solo così si può costruire una società più giusta, più equa, più solidale. Occorre debellare quella superficialità con cui si alimenta la rassegnazione, forse anche per nascondere il problema piuttosto che affrontarlo e risolverlo.
Risolvere i problemi significa decidere, e noi donne, abituate da sempre a doverci ogni giorno confrontare con le decisioni e le scelte nella gestione della vita quotidiana, sicuramente, anche nella politica, portiamo questa dote. Forse è questo che ci ha impedito finora di arrivare ai più alti livelli. Poiché la politica italiana è oggi quasi del tutto ridotta a mera tattica, conquista e mantenimento del potere, alleanze, geografia di interessi incrociati, attività che sono nel codice genetico più degli uomini che delle donne. Le donne, che quasi sempre entrano in politica per spirito di servizio, con l’idea di rendere migliore la società, si sentono spesso estranee e tagliate fuori da questi codici.
Tra gli uomini in politica – prosegue la Lembo- le relazioni sono gerarchiche e imperniate sul ruolo: il ruolo è l’identità, il politico che perde il titolo di parlamentare o presidente subisce una vera e propria crisi d’identità, perde anche la rete di relazioni che intorno al ruolo si è costruito. Le donne invece amano le relazioni circolari, ricche di affettività, spesso attraversano i ruoli e li usano per raggiungere i propri obiettivi politici, ma la loro identità non è così strettamente legata al ruolo.
Ci sono ovviamente eccezioni, ma in linea generale, quelli enunciati sembrano essere elementi di differenza cruciale tra i generi. Ho attentamente monitorato in questi anni – precisa Giuditta Lembo- le regole e i sistemi relativi all’introduzione delle quote di genere e della doppia preferenza finalizzate a raggiungere la parità di genere, perché su questi temi si è molto sentito discutere anche dai rappresentanti politici, ma da essi sono state lasciate strategicamente in ombra le motivazioni più profonde e le verità più scomode. Tra queste ultime, il cambiamento in corso tra le donne stesse che, spesso sospinte dall’individualismo rampante che domina nella nostra società e dalla necessità e/o volontà di omologarsi per poter restare a galla, sono non di rado passate in questi anni dalle pari opportunità al pari opportunismo. Oggi sembra che non basta essere capaci e preparate.
Le donne in genere lo sono e per questo fanno anche più paura. La crisi della politica – afferma Giuditta Lembo- che è sotto gli occhi di tutti, è la crisi non dei partiti ma del senso della politica: i costi della politica, le strategie per fondare nuovi partiti anziché per ricondurre la politica all’unico suo vero senso di esistere , il bene comune, sarebbe meno drammatica se vi fossero più donne là dove si decide. E non si faccia facile ironia sul numero delle ministre o degli assessori nel nuovo Parlamento e Senato perché sarebbe abbastanza facile dire che questi numeri non dimostrano un fallimento del Rosatellum! Il distacco dalla politica, questa diffusa e drammatica sfiducia nella politica rende ancora più difficile la possibilità di aumentare il numero delle donne in politica: la donna non è simpatizzante dei giochi di potere. L’attuale crisi della politica, di cui molto in questi tempi si discute, intesa come crisi della rappresentanza, si sposa spesso con l’idea che non solo la politica vada rinnovata, ma che proprio attraverso un maggior contributo femminile possa trovare nuova linfa e staccarsi da logiche di potere prettamente maschili (se non altro perché elaborate da una classe politica costituita prevalentemente da uomini). In una recente indagine nazionale, il 20% degli italiani e delle italiane vede proprio nei meccanismi della politica, nei partiti, nel loro sistema di selezione della classe dirigente, la barriera più alta a un’effettiva parità uomo-donna in politica.
Il 18% ritiene fondamentale l’importanza di un’attività “preventiva” volta a ridurre la discriminazione di genere: insegnare alle persone il valore della cittadinanza attiva, educarle all’egualitarismo per rendere più sensibile al genere la propensione a impegnarsi nella vita politica e per creare un elettorato più attento ai diritti delle donne. Creare opportunità da un lato, liberare le donne dai vincoli che attualmente le costringono dall’altro. Lo stile prevalente di divisione del lavoro familiare, la diversa incidenza nell’economia del proprio tempo delle cure parentali, riducono la disponibilità delle donne all’impegno politico. Secondo il 16% degli italiani e delle italiane attraverso una maggiore condivisione delle responsabilità con gli altri membri del nucleo familiare, ma anche per mezzo di un rafforzamento delle politiche di welfare, si può eliminare un altro ostacolo che si frappone tra le donne e la politica. Per il 13% è importante combattere la cultura maschilista che mortifica le ambizioni delle donne. Per il 10% occorre sottolineare il valore della specificità femminile (necessaria, arricchente nella gestione della cosa pubblica) e sviluppare, attorno a questa, una forte solidarietà tra donne, tra candidate ed elettrici e chiedere alla politica stessa di dare corso a provvedimenti che aiutino la risoluzione del problema. Trova poco spazio invece la convinzione che la soluzione sia tutta a livello individuale, nelle mani delle singole aspiranti ad un ruolo politico, che pagando “lo scotto dell’essere donna”, possono mettersi in pari con più determinazione e competenza rispetto ai loro colleghi maschi. Solo il 6% propende per questa soluzione. Le donne, in questa ricerca di cambiamento, hanno certamente un ruolo importante, non perché siano dotate di una natura migliore rispetto ad un uomo, ma perché fare politica per una donna può essere solo una scelta di vita, interpretato come un impegno nell’interesse della comunità allargata.
La politica può arrivare a togliere aria e spazio alla vita privata. E quando le donne la scelgono, non rinunciando ad essere compagne, madri, mogli e ad essere inserite nella quotidianità, lo fanno sapendo che è una scelta difficile, fatta di rinunce, di tempo rubato ai figli, di notti in bianco per recuperare il tempo che di giorno manca. Con la consapevolezza di dover superare i pregiudizi e dovendo purtroppo essere mediamente più brave di un uomo nello stesso incarico di responsabilità. È ora che l’Italia e il Molise ripartano da qui: da una parte contando sull’esperienza di uomini e di donne di spessore, che hanno dimostrato passione verso l’affermazione di ideali e onestà politica nel fare politica, dall’altra da quanti hanno idee e voglia di fare. E dalle donne, che hanno talenti e competenze. Donne tanto normali da essere straordinarie e di cui la politica ha adesso bisogno.