Quest’anno il 1° MAGGIO cade in un momento drammatico per il nostro Paese e, a dispetto della facile propaganda del Governo, non si intravede alcuna luce in fondo al tunnel. Al contrario:
· continuano le minacce di chiusura e di delocalizzazione di aziende grandi e piccole con la conseguenza di abbandonare alla condizione di disoccupati altre decine di migliaia di lavoratori
· Il tasso di disoccupazione è al 13% (20,5 nel Mezzogiorno), quello giovanile al 33% (47% nel Mezzogiorno), con un trend crescente nel tempo
· Circa 2 milioni di famiglie, in buona parte concentrate nel Mezzogiorno, sono al di sotto del limite di povertà assoluta
· Aumentano esponenzialmente e in tutte le classi di età i lavoratori con contratto a tempo determinato o con altre tipologie di lavoro precario.
Tutto ciò non è casuale e non è dovuto a un cinico destino, ma è la conseguenza delle politiche neoliberiste e antipopolari che negli ultimi anni, i governi, comunque denominati (di centrodestra, centrosinistra, tecnici o di larghe intese), hanno pervicacemente perseguito, nell’interesse della speculazione finanziaria e sotto la regia del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e della Commissione Europea. Dietro la menzogna che i lavoratori e il popolo avrebbero creato l’esorbitante deficit pubblico vivendo “al di sopra delle loro possibilità”, i governi neoliberisti e la Commissione Europea hanno imposto tagli feroci alla sanità e all’istruzione e alla previdenza, indebolendo e dequalificando questi fondamentali servizi pubblici, fino al punto di negare, di fatto, ai ceti medio bassi il diritto alle cure e alla formazione e di rendere, per il futuro, una pensione dignitosa una pura chimera. Dietro il falso assioma in base al quale “l’eccesso di tutele” distoglierebbe gli investitori dall’impegnarsi nell’economia italiana, hanno ulteriormente destrutturato il mercato del lavoro e attaccato i diritti dei lavoratori, fino al punto di ridurre l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori a puro simulacro. In tal modo, in questi anni, si sono spostate ulteriori ingenti risorse dai salari, dagli stipendi e dalle pensioni alla rendita speculativa e ai profitti, acuendo l’estrema disuguaglianza nella distribuzione che è la vera causa strutturale della crisi in Italia e in Europa.
Il governo Renzi non si distingue, se non nel piglio pericolosamente demagogico del suo presidente, da quelli precedenti. La sua politica “per il lavoro” (jobs act) insiste ancora nell’assumere, contro ogni evidenza, la precarizzazione ulteriore come mezzo per ampliare l’occupazione. Il fulcro della misura sta nella possibilità fornita ai datori di lavoro di assumere lavoratori a termine senza causale fino a 3 anni. Con una simile norma, in pratica per un’intera generazione il contratto a tempo indeterminato sarà un mero ricordo. Nel DEF, quello che potremmo chiamare il piatto forte è costituito dalla prosecuzione della sciagurata politica delle privatizzazioni (ENI, ENAV, Fincantieri, Stazioni ferroviarie). Il pretesto di questa operazione è l’abbattimento del debito pubblico (una goccia nel mare del nostro debito di 1700 miliardi): in realtà il vero obiettivo è regalare al capitale privato quel poco che resta degli asset fondamentali della nostra economia.