L’idea di riproporre, con una specie di blitz, il disegno di legge di modifica dello statuto regionale che permette la nomina in Molise del quinto assessore è un’idea, prima che ingiusta, balzana. Non sappiamo perché, nel pomeriggio di mercoledì 15 gennaio, sia arrivato un diktat perentorio a procedere in prima commissione regionale. Un diktat, dicono i bene informati, talmente perentorio che ha costretto il buon Cristiano Di Pietro, con il suo unico voto favorevole (assenti Micone e Cavaliere dell’opposizione, astenuti Totaro e Lattanzio della maggioranza) ad approvar(si) l’indigesta polpetta.
Che adesso arriverà in consiglio. E lì saranno dolori. Certo capiamo (e lo abbiamo sempre detto) le difficoltà politiche di un’alleanza che ha vinto grazie a Patriciello e al suo gruppo ma che non ha mantenuto i patti posti alla base dell’alleanza. Ma nella attuale temperie economica e sociale purtroppo questo è un minus, è una diatriba tra persone che comunque la pancia riescono a riempirla mentre migliaia di cittadini molisani sono allo stremo, non hanno più un reddito, faticano a trovare i soldi per fare la spesa alimentare. Non sappiamo chi sia stato il mandante del diktat che ha portato all’autoapprovazione da parte di Cristiano Di Pietro del nuovo posto a tavola. Notiamo solo che il governatore Frattura, forse perché pressato anche sul piano personale (vedi la notizia dell’indagine sul questore di Campobasso per presunti favori ricevuti, sparata dal castigacasta (ad orologeria) del Corriere della Sera, Gian Antonio Stella) probabilmente sta perdendo lucidità. Altrimenti avrebbe impedito un blitz che, di questi tempi, semplicemente non si può fare. I blitz, le delibere approvate a Ferragosto, i provvedimenti ratificati mentre qualcuno era al bagno appartengono ad un mondo passato, un mondo più florido e pacato, quello della prima repubblica, quello dell’era democristiana. Oggi non si può fare più. L’approvazione del provvedimento da parte di Cristiano Di Pietro resta, come abbiamo chiosato a caldo, una porcata ma non è ancora un atto definitivo. In consiglio bisognerà raggiungere tredici voti per farlo diventare un nuovo porcellum in salsa molisana. Nunzia Lattanzio ha già detto a chiare lettere che non la voterà mai, che voterà contro e che presenterà, nel suo stile attivo e attento, una controproposta in cui, anziché aumentare i posti a tavola si darà spazio alle presenze di donne nelle istituzioni locali. Lo stesso Francesco Totaro difficilmente voterà una simile schifezza. A questo punto ci vorranno i voti dell’opposizione Forse su questo contano i fautori del “quinto assessore-quinto stipendio”. Ma anche qui, attenzione: i tempi sono cambiati. Michele Iorio ha portato all’estremo il giochetto di comprare l’opposizione. Ma oggi ci sono fabbriche occupate, strade sbarrate, gente disperata. I soldi sono finiti mentre la disperazione aumenta ogni giorno di più. Chi se la sentirà, tra coloro che sono all’opposizione, di garantire un via libera ad un provvedimento odioso e moritificante (anche se come dicevamo logico dal punto di vista politico e di coalizione)? Chi se la sentirà di approvarlo, innescando subito il gioco delle contropartite, degli accordi di spartizione di incarichi e prebende, di soldi e agi che un tale voto comporterebbe? Noi seguiremo minuto per minuto questa surreale vicenda e chiediamo, sin da ora, una cosa sola: il voto palese. (p.c.)