Il Molise distrutto dai piccoli leader, torniamo alla politica delle idee e dei partiti al servizio dei cittadini

Una politica che serve gli eletti e non gli elettori non è più politica, ma un mero sistema di potere che sopravvive sulle macerie della corruzione morale e dell’autoreferenzialità. Le recenti vicende politiche confermano il trend degli ultimi trent’anni: piccole grandi ambizioni personali vengono prima dei partiti, ridotti ormai da tempo a semplici contenitori, scatole piuttosto vuote riempite spesso da personaggi in cerca di autore che si arrampicano sulle poltrone senza alcuna vergogna e pudore. Non esistono davvero gli schieramenti, non esistono nemmeno le regole: chi riesce in un modo o nell’altro a prendere più voti vince e una volta raggiunto il risultato si preoccupa di trovare un nuova “confezione” che possa garantirgli la rielezione. Nel mezzo il nulla: zero idee, zero programmi, nessun reale patto con i cittadini, oltre qualche becero favoritismo clientelare il vuoto assoluto. Non soltanto politico e amministrativo, ma a questo punto anche civile e culturale.

Per anni ci si è preoccupati di condannare le ideologie, considerate troppo vecchie e pericolose per i fantastici e dinamici tempi contemporanei, che prediligono gli uomini soli al comando circondati da nani, ballerine, da un ego smisurato e dotati di una consistente dose di cinismo che li aiuta a sopravvivere tra cambi di casacca e sigle che nascono e muoiono al ritmo incalzante della modernità.

È giusto che qualcuno scenda dalla giostra e si fermi un attimo a riflettere: cosa ha portato questa “rivoluzione” al nostro Molise? Risposta facile: disoccupazione, povertà, spopolamento, isolamento infrastrutturale e involuzione nel campo dei diritti sia sociali che civili. Vi siete chiesti cosa pensano le nuove generazioni, i cosiddetti millenians, delle ultime controverse vicende che hanno coinvolto il Comune di Campobasso? No, perché in realtà i giovani Campobasso l’hanno già abbandonata da tempo e molti di quelli che sono rimasti – e ancora non hanno avuto la possibilità di migrare – non sono nemmeno andati a votare, appartengono a quella alta percentuale di popolazione che non crede più a una politica che appunto serve gli eletti e non gli elettori, ostaggio da decenni di una classe dirigente che finge di innovare ma si preoccupa solo di conservare privilegi, potere e soprattutto stipendi.

La vera rivoluzione, il vero cambiamento, la vera modernità può avvenire solo se si pone fine a questo declino individualistico e populistico e si assegna un ruolo concreto a partiti e movimenti, non mausolei per ostentare feticismi ideologici ma veri e propri cantieri per costruire idee e proposte reali, per realizzare progetti a sostegno dei più deboli, per scovare e formare talenti e per porre un freno al protagonismo di piccoli leader e ras di quartiere e in generale all’egoismo che è il nemico numero uno del concetto stesso di società.

E non può esserci una politica degna di questo nome, in democrazia, se al tempo stesso non esiste più una società da servire.

Il Segretario Regionale

(SINISTRA ITALIANA del Molise)

Vincenzo Notarangelo

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