“Zero è il numero che in Molise, a quanto pare, stando ai fatti, valgono le donne”. Esordisce così, con una sua nota, la Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso Giuditta Lembo – “Zero donne in Giunta, zero donne segretarie di partito ( questa almeno è la prospettiva futura), zero donne tra i Consiglieri di fiducia del Presidente della Regione, zero donne Commissarie alle comunità montane, zero donne ai vertici dell’ASREM (Azienda sanitaria regionale), zero donne ai vertici dei vari Enti sub regionali e comunali, e se troviamo qualche donna nei Consigli di Amministrazione è una quota rosa della Legge Golfo-Mosca, così come, se troviamo più donne nelle Giunte comunali, è perché la Legge Del Rio ne fissa l’obbligatorietà al 40% .
Una volta tanto il Molise si posiziona tra i primi posti a livello nazionale, ma per un trend negativo relativo alla parità di genere. E gli organismi di parità? A dire il vero, paradossalmente, questi organismi posti a presidio della parità di genere e preposti a promuovere la non discriminazione e le pari opportunità sono essi stessi discriminati! Penso alle stesse Consigliere di parità, che sono umiliate con indennità al disotto delle 100 euro lorde al mese, o alla Commissione regionale per le pari opportunità, che a distanza di quasi un anno ancora non si è insediata, con addirittura le componenti che hanno zero indennità di funzione, e risorse irrisorie per operare. L’impegno e il lavoro di queste professioniste vale sicuramente quanto quello di altre figure istituzionali che invece hanno riconosciute sia indennità che dotazioni finanziare idonee per svolgere i loro compiti e funzioni.
Certamente – continua Giuditta Lembo – questo, per operare, è un punto di debolezza. Un esempio: le consigliere di parità, se non hanno risorse sufficienti per difendere le donne vittime di violenza o di discriminazioni, come possono intervenire in giudizio al fianco di queste ultime? Le donne molisane, e anche gli uomini molisani, che ne pensano di tutto ciò? Le donne quanto ancora saranno comprensive e pazienti nel sopportare di valere zero, o tendenzialmente poco più di zero quando sono riserve di quote?
Possiamo ancora accettare che donne che rivendicano legittimamente un loro posto in giunta perché elette vengano redarguite pubblicamente? Addirittura c’è chi minaccia la Consigliera Calenda, a cui va la mia solidarietà. Mi chiedo, a mo’ di provocazione: ma se le donne, per esempio alle prossime elezioni comunali, non accettassero candidature dai partiti, che guarda caso non le posizionano mai come capilista, cosa accadrebbe? Se le donne per assurdo “scioperassero”, organizzando liste proprie? In fondo, lo sciopero è sempre stato lo strumento più efficace per rivendicare i propri diritti! C’è stato chi, come Lisistrata, l’ha estremizzato!
Purtroppo, però, quest’ultima è esistita unicamente nell’omonima opera di Aristofane, mentre delle suffragette, queste sì donne reali, sembra essere rimasto solo il ricordo! Tuttavia, quando il fine è elevato e le donne si uniscono, possono fare la differenza: #insiemesiamopiuforti. Ci troviamo – conclude la Consigliera Lembo – ancora al punto di dover insistere per poter partecipare ai tavoli del potere, dove siedono prepotentemente tutti maschi, of course. Sempre, o comunque troppo spesso. Ci ritroviamo, nel 2019, a rivendicare diritti e pretendere tutele già sancite dalla Costituzione dal 1948. Rivendichiamo ruoli e lavoro per meritocratica e competenze, ma quante di noi rimangono umiliate?
Qual è la cosa più triste? Che stiamo assistendo a una resistenza non solo passiva, anzi molto attiva, ad un quasi spasmodico processo di cambiamento. E, con l’aumento della discriminazione, aumentano anche le violenze, di vario genere, sulle donne. Mi viene in mente il detto «Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito». Quindi, donne, cosa stiamo aspettando? OTTO MARZO SEMPRE”.