Firmato Protocollo d’Intesa Miur -Consigliere di parità per accrescere le competenze delle giovani donne

Parlare di divario di genere non significa solo parlare della difficoltà delle donne, bisogna coinvolgere gli uomini nel dibattito altrimenti il rischio è di ghettizzarsi ulteriormente – questa la premessa di Giuditta Lembo Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise – la quale avvia una riflessione sullo stato dell’arte delle politiche di genere e da dove si dovrebbe ripartire. Sicuramente – prosegue la Lembo – riprendere e sviluppare: smart working o lavoro agile e progetti sulle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), termine utilizzato per indicare i corsi di studio e le scelte educative volte a incrementare la competitività in campo scientifico e tecnologico. Le politiche sullo Smart working vanno incentivate, dato che studi a livello internazionale ci dicono come questa modalità di lavoro sia utile alla produttività, al benessere organizzativo e a conciliare i tempi di vita e di lavoro per tutti, donne e uomini. Per diffondere e consolidare l’adozione dello Smart working si devono sensibilizzare le aziende e le PA, è necessario prima di tutto un cambio culturale che deve vedere il lavoro non legato alla timbratura del cartellino ma alla produttività delle persone.

Al centro di questo passaggio cruciale c’è poi la trasformazione digitale di aziende e PA, lo Smart working è realizzabile solo utilizzando strumenti nuovi, che rappresentano quindi una grande opportunità di cambiamento. La programmazione regionale 2014-2020 è una grande opportunità e in veste soprattutto di Autorità per i diritti e pari opportunità – continua Giuditta Lembo – quale organismo preposto al presidio della non discriminazione e dei principi di parità e pari opportunità nell’ambito della stessa programmazione, ho già predisposto una serie di proposte che vanno in questa direzione e in linea con il parere da me stessa predisposto e allegato alla programmazione regionale 2014-2020. Bisognerebbe poi incentivare un percorso sulle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics, in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), che è partito dal MIUR ma che va potenziato, con l’obiettivo di sensibilizzare le ragazze già in età scolare, abbattendo gli stereotipi e incentivandole a iscriversi alle facoltà scientifiche e abbandonando i cattivi esempi. E parlando invece di buon esempi , il primo buon esempio dovrebbe arrivare dalla PA.

Se siamo uno dei Paesi col minor numero di laureati un motivo ci sarà, non può essere solo un problema di capacità, è anche una questione di opportunità e possibilità che vengono o non vengono offerte. Le tecnologie a supporto oggi ci sono, anche quelle per analizzare i dati, capire perché le cose non vanno, quali sono le caratteristiche delle persone che si iscrivono alle facoltà scientifiche, quali sono le lacune da colmare a partire dalla scuola. Per andare sul concreto- aggiunge la Lembo- si può pensare a degli incentivi, per esempio per le aziende che attivano lo Smart working, per il sostegno alle famiglie in generale e non solo alle donne, o alle studentesse che si iscrivono a facoltà scientifiche. Vista la carenza di ingegneri, matematici, informatici si potrebbero per esempio attivare politiche di sgravio fiscale per le aziende nel primo caso e vaucher o bonus per il pagamento delle tasse universitarie per chi si iscrive a queste facoltà. Un’altra cosa che manca è la creazione di una strategia e di una visione d’insieme, che favorisca il dialogo e il coordinamento tra le diverse istituzioni che si occupano dello stesso tema.

La valida iniziativa del MIUR sulle STEM, per esempio, se resta isolata perde valore. Ci deve essere la stessa volontà a lavorare su questi temi da parte di tutti gli attori , nel diffondere e sostenere queste azioni, anche da parte delle scuole oltre che delle altre Istituzioni. Anche su questo le tecnologie ci darebbero tutti gli strumenti utili per attivare non tavoli reali, ma reti di conoscenza che sono alla base dello sviluppo e dell’innovazione. Ma occorre anche sensibilizzare le studentesse e gli studenti e le/gli insegnanti sui principi della parità e delle pari opportunità, in coerenza con i principi espressi anche dalla Costituzione, in particolare all’articolo 3. Lavorare per il superamento degli stereotipi di genere che ancora oggi influenzano i percorsi formativi, l’accesso al mercato del lavoro e la carriera delle e dei giovani sono i principali obiettivi del Protocollo d’Intesa tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Consigliera Nazionale di Parità presso il Ministero del Lavoro delle Politiche Sociali. L’Intesa precisa Giuditta Lembo- prevede la costituzione, presso il MIUR, di un Comitato paritetico per la promozione di attività specifiche su questi temi e rientra tra le iniziative messe in campo dal MIUR per contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze.

Tra queste, in particolare, il Piano nazionale per l’educazione al rispetto del quale fanno parte le Linee guida nazionali previste dal comma 16, art. 1, della Legge 107 del 2015 per promuovere nelle scuole “l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le altre discriminazioni”. Il rapido avanzamento della digitalizzazione in vari settori –conclude la Lembo – sta cambiando la natura dell’occupazione, come pure i requisiti del mercato del lavoro e in termini di istruzione. Affinché le donne abbiano accesso a risorse adeguate per migliorare le loro competenze digitali, la digitalizzazione può rappresentare un’opportunità per aumentare la loro partecipazione al mercato del lavoro e i loro livelli salariali e retributivi, migliorando nel contempo l’equilibrio tra vita professionale e vita privata e favorendo l’imprenditorialità femminile. Una relazione della Commissione indica che la partecipazione delle donne su base paritaria al settore delle TIC contribuirebbe all’economia dell’UE nella misura di 9 miliardi di euro all’anno. Tuttavia, vi è un persistente divario digitale tra donne e uomini per quanto riguarda le competenze digitali di base e avanzate, l’accesso alle tecnologie e ai servizi digitali e la percentuale di posti di lavoro digitali occupati da donne. Secondo le proiezioni della Commissione, la maggioranza dei posti di lavoro nell’UE nel prossimo futuro richiederanno competenze digitali e l’aumento più rapido di posti di lavoro vacanti si sta verificando nel settore delle TIC. Procedere i questa direzione è la vera opportunità per offrire lavoro duraturo e astabile.

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