C’è un paese in Sicilia, Erice, al centro anche di grandi manifestazioni a carattere scientifico internazionale, nel quale si trovava (e credo si trovi ancora) una cartellonistica che induce al silenzio ed alla riflessione; essendomi recato nel posto da ragazzo, ne sono uscito con una grande ed importante sensazione di serenità e pace interiore, che per fortuna mi sono portato dietro negli anni seguenti. Quello era un silenzio voluto, anzi inseguito; quello che si sta consumando in Molise, in vista delle elezioni regionali, è invece un silenzio strano, nuovo per un fenomeno politico in regione, quasi ‘assordante’ volendo usare l’ossimoro più noto al mondo. Definire questa campagna elettorale ‘soft’ vuol dire ancora poco, perché il clima è surreale e nuovo, a tratti incomprensibile; silenzio nelle piazze, assenza totale delle manifestazioni aggregative classiche (dai pranzi e cene elettorali, alle riunioni di partito, fino agli eventi creati ad hoc per questo a l’altro candidato). Piangono tipografie e ristoranti, ma non ridono gli altri a vario titolo collegati alla politica. Se si trattasse di descrivere un film sarebbe sicuramente di fantascienza, di quelli a sceneggiatura spettrale. Indubbiamente ha inciso non poco l’esito delle ultime politiche, quando il vento elettorale pentastellato ha travolto la regione che finora era stata simbolo della stabilità, quella che dopo decenni di governo democristiano aveva creato un sistema di alternanza tra centro destra e centro sinistra, con una prevalenza della prima coalizione ma comunque in grado di rassicurare gli elettori di entrambi gli schieramenti. Uno dei primi effetti dell’avanzata del voto di protesta (che in parte si è sostanziato anche nelle preferenze alla Lega) è stata una transumanza generale, prima che politica da parte di tutta la struttura di sostegno ai partiti. Un via vai collettivo di segretari, consulenti, collaboratori, anche con qualche caso eclatante da segnalare (un fratturiano di ferro si è candidato in Forza Italia, mentre atri personaggi ‘minori’ hanno abbandonato soprattutto le sponde della sinistra). Prima di analizzare il fenomeno ripetiamo i principi cardine della nuova legge elettorale; questa prevede la presenza di un unico collegio, del premio di maggioranza a chi ha ottenuto più voti e l’eliminazione del listino maggioritario oltre che del voto disgiunto. La soglia di sbarramento sarà dell’8% per quanto riguarda le coalizioni e del 3% per le singole liste. Questo vuol dire che il candidato presidente che prende un voto in più è eletto e che la coalizione vincente prende un premio di maggioranza in grado di assegnarle 12 consiglieri su 20, secondo una ripartizione di tipo proporzionale. Non è una questione di lana caprina, perché in caso di vittoria del M5Stelle, che ha una sola lista, le altre 15 troverebbero a dividersi 8 seggi, atteso che ci sia una maggioranza in grado di governare. L’indecisione massima nei candidati, anche esperti, ha generato questa depressione comunicativa; nessuno parla, nessuno si vanta, tutti viaggiano secondo modalità politiche quasi ‘carbonare’ cioè sottotono, contattando le persone una ad una con toni sommessi, quasi che non fossero loro i candidati, ma dei viandanti di passaggio. Intendiamoci, il clima comunque non è quello delle politiche, dove il voto d’opinione ha spazzato via d’un tratto un sistema consolidato; i candidati locali fanno pressione eccome, i partiti hanno rinserrato le fila con una campagna acquisti che nel centro destra è stata anche selvaggia; ma l’evidenza pubblica di ciò non c’è, quasi che la maggior parte degli oltre trecento candidati si vergognasse di farlo sapere. Abituati al clamore dei mesi scorsi, alle promesse a raffica ai cambi di passo e d’opinione, al cospetto dei quali anche Giano Bifronte sembrava un dilettante, verrebbe da consultare qualche testo alchemico per capire il segreto della fine annunciata e la data dell’Apocalisse politica; che poi questa travolga qualcuno e non qualcun altro è mistero che neanche Ermete Trimegisto adesso riuscirebbe, nel suo ermetico sapere, a svelare.
Stefano Manocchio