L’effetto più strano che sta generando nella società molisana il complicato rebus elettorale è il senso di sbandamento in chi era abituato a vedere la regione come il feudo incrollabile dei partiti tradizionali, il territorio dove tutto è immutato ed immutabile. Forti di questo esempio, sono proprio i responsabili di centro destra e centro sinistra a dare il cattivo esempio; il crollo immediato delle certezze li ha spinti ad andare a tentoni, offrendo il fianco alla disorganizzazione e all’approssimazione. Candidati che neanche sanno di esserlo, nominati che rifiutano, politici di lungo corso che poche settimane fa sventolavano ai quattro venti la presidenza e che adesso la vedono come fumo negli occhi. L’elenco delle nomination bruciate in pochi giorni è impressionante e l’idea è di una fuga generale dalle responsabilità, ma anche di una fuga in generale da tutto. In questo contesto si potrebbero trovare dei distinguo tra le due aggregazioni: il centro destra tenta di dare una parvenza di unità, seppur rabberciata e fortemente indebolita dopo le precisazioni del giudice Enzo Di Giacomo, che giustamente ed in perfetta coerenza con quanto già precisato in passato, ha spento gli entusiasmi di chi pensava di aver risolto il nodo sulla presidenza, mentre nel centro sinistra regna il caos totale. Vediamo di focalizzare il problema in entrambi gli schieramenti. Solo poche settimane addietro si pensava che Mario Pietracupa e Michele Iorio potessero già stappare lo spumante per l’elezione, perché in tal senso andavano tutti i sondaggi da mesi, mentre a Campobasso si andava prefigurando una prevalenza, seppur non netta, dei Cinque Stelle; questa situazione aveva permesso presentazioni in grande stile (la convention del Centrum Palace è stato qualcosa di simile ai grandi eventi partitici, con una sala piena ed un tavolo ricco di sigle politiche, considerate unite e vincenti). Nel centro sinistra analoga impressione aveva destato il raggruppamento di Molise 2.0, con LeU e Democratic@ a godere dello spettacolo di 1300 persone nella palestra dello ‘Sturzo’ a Campobasso pronti a sventolare i cartellini rossi, questa volta non di espulsione ma di acclamazione del leader Roberto Ruta. Il 5 marzo è crollato tutto, all’improvviso e l’ondata grillina ha travolto partiti e certezze, mandato in fuga dalle responsabilità i leader storici e sparpagliato il sottobosco che normalmente proliferava sotto i partiti. In pochi giorni in Molise è imploso un sistema consolidato, fatto di legami e controllo sulle strutture di sostegno elettorale e tutta la piramide della catena di comando sembra essere capovolta; dall’estremo del Paradiso nasce controverso l’Inferno, ma in questo caso l’uno è diventato l’altro. In questo momento vagano come anime in pena politici, consulenti ben retribuiti, strutture di sostegno ai partiti e migliaia di persone che a vario titolo ruotavano intorno al ‘sistema Molise’; e più passa il tempo, più la gente si allontana dal certo per andare verso l’incerto che ‘l’invasione pentastellata’ ha generato. E’ un quadro contorto e incomprensibile e la matassa non verrà sbrogliata facilmente. L’idea è che nel caos generale continuerà a spirare forte il vento grillino, in confronto al quale il Burian appena passato rischia di diventare una leggera brezza stagionale.
Stefano Manocchio