Se mi avessero detto, anche cinque anni fa, che Campobasso sarebbe stata governata dal Movimento Cinque Stelle e che a Termoli la Lega avrebbe avuto un indubbio successo elettorale avrei pensato agli effetti di qualcosa di simile al grande caldo di questi giorni; scherzi a parte il dato di analisi di queste elezioni amministrative in Molise assume toni e rilievo nazionale e carattere di novità assoluta. Procediamo per gradi. Quello che è successo a Campobasso è una vera e propria rivoluzione: unico comune capoluogo, dei 15 arrivati al secondo turno, a vedere il M5Stelle al ballottaggio e poi vincente, crollo in verticale, in ambo i comuni maggiori, della coalizione precedentemente al governo e, a Campobasso, squadra di governo monocolore, come non accadeva dai tempi della Democrazia Cristiana. Per l’elettorato locale, notoriamente sonnacchioso e stagnante, una ‘botta’ non indifferente e tale da far accendere i riflettori delle cronache politiche nazionali sulla città.
Sia a Campobasso che Termoli, quindi, l’elettorato ha scelto di cambiare e lo ha fatto con un suffragio ampio, che nel capoluogo di regione ha assunto i numeri di un vero e proprio plebiscito. Non sfuggirà agli occhi di chi si occupa di politica come a Palazzo San Giorgio ci saranno due squadre dalla conformazione differente: la maggioranza sarà composta in larghissima parte da nomi nuovi, mentre le opposizioni si affideranno all’esperienza, visto che ben 9 consiglieri su dodici erano già condomini del palazzo di città. I neo sindaci, invece, erano già consiglieri, entrambi di opposizione, nella precedente legislatura; come dire che i molisani hanno voluto cambiare, ma fidandosi di chi già conoscevano.
Dire quali saranno gli elementi di novità è certamente presto; ma Gravina, ad esempio, ha annunciato una giunta che all’inizio sarà snella, a quattro con un tecnico, a differenza di quelle ‘dispersive’ con otto o nove assessori e che subito si attiverà per l’abbattimento dell’ex-hotel Roxy e per la manutenzione del verde cittadino.
Le aspettative sono alte in ambo le città: per Gravina e Roberti e le rispettive squadre una grande responsabilità, ma anche enormi opportunità per dare un nuovo corso alla politica locale.
Stefano Manocchio