Pur in un clima quasi surreale di calma piatta appare evidente il differente approccio di partiti e coalizioni in questa campagna elettorale rispetto alle precedenti. Donato Toma ha dato al centro destra un piglio movimentista, con comunicati stampa quotidiani, incontri ovunque ed un vero e proprio ‘tour’, con tanto di furgone, come si faceva un tempo, mentre i Cinque Stelle proseguono sulla loro strada tradizionale, che peraltro ha dato risultati numerici assoluti, con una preferenza verso il dialogo in rete ed incontri nelle piazze, esclusivamente di tipo istituzionale. Differente da entrambi il comportamento del centro sinistra, che ha obiettivamente problemi maggiori e diffusi sul territorio. Non è sfuggita agli osservatori politici una debolezza, sia numerica che di sostanza, delle liste rispetto allo strapotere che avrebbero dovuto avere dopo cinque anni di gestione assoluta sulla Regione Molise; cinque liste decimate da una transumanza di politici navigati verso le sponde del centro destra. Si aggiunga a ciò la fase assembleare, che proprio dopo le elezioni dovrà portare alla nomina del nuovo segretario regionale del PD cioè il partito dominante in termini numerici nell’aggregazione. Il gossip dice che nel centro sinistra il dialogo non sia solo o tanto tra partiti ed elettori, quanto piuttosto tra dirigenza di partito e struttura sottostante; in sostanza è caccia a chi vuol rimanere dentro il partito e non caccia al voto. Il discorso sembrerebbe essere piuttosto forte sia nel PD che in Molise 2.0: alcuni ‘afecionados’ di quelle sigle politiche dicono di essere stati ‘bombardati’ da richieste dei candidati e dei dirigenti di partito, che vogliono soprattutto sapere da che parte stanno. Ma ci sono delle differenze evidenti; il partito ‘fratturiano’ ripropone due delle tre ‘F’ (Fanelli e Facciolla), facendo intendere di non voler creare strappi con la gestione della Regione e quella del partito, peraltro entrambe abbondantemente contestate prima e dopo le elezioni politiche del 4 marzo. La ‘nomenclatura’ piddina, quindi, non solo non vuole lasciare il posto agli altri, ma tenta pervicacemente di mantenere il proprio, incurante del messaggio mandato dalla base elettorale e del forte ridimensionamento del partito a livello parlamentare (da tre parlamentari a zero). Diverso il discorso per Molise 2.0, su cui pesa tutta la strategia di contrasto al PD stesso. Ricordiamo gli annunci della ‘lista dei 100’, i 1300 delegati votanti con il cartellino rosso in favore di Ruta per dar forza al braccio di ferro con Frattura; il ritiro di entrambi dalla contesa che, piaccia o no, è stato imposto da Roma e la delusione seguente ha indebolito entrambi i contendenti ed i loro partiti. L’ex-senatore campobassano si è affrettato a dire che la lista presentata non registra uscenti; vero e questo è sicuramente elemento da rimarcare nel contesto generale di segno opposto, ma che poi in Molise sia punto di forza o debolezza è ancora da chiarire. In conclusione l’impressione è che nel centro sinistra dopo la conta possa arrivare la resa dei conti.
Stefano Manocchio