Si potrebbe dire la quiete dopo la tempesta; poche reazioni ufficiali stamattina, alla sintetica nota del giudice Enzo Di Giacomo, con la quale si precisava che non vi è e non vi sarà in campo nessuna ipotesi che lo possa vedere candidato alla presidenza della Regione Molise. Poche righe a sua firma (“Considerato che da più parti continuo ad essere citato come ipotetico candidato alla Presidenza della Regione, non ritengo che vi siano state né vi siano le condizioni per le quali io abbia potuto o possa prendere in considerazione una eventuale candidatura”), che si sono abbattute sulla presunta unità del centro destra come uno tsunami. Voci di corridoio dicono che stamattina da quelle parti politiche tutti sembravano scossi a tal punto da rimanere silenti di fronte alle richieste di chiarimenti. Detto questo possiamo ipotizzare che inizierà lo scaricabarile delle responsabilità tra i responsabili dell’aggregazione moderata; eppure una prima chiave di lettura si può ricavare già da adesso. Il presidente del Tribunale di Isernia aveva in precedenza rilasciato una dichiarazione scritta, ampia e ben articolata, dalla quale si evinceva sostanzialmente che ogni sua decisione sarebbe stata influenzata dal verificarsi di alcune condizioni: a) un discorso politico di ampio respiro, utile per la collettività e non per i singoli e per rilanciare il Molise in una logica di totale condivisione sulle scelte da fare; b) la presenza di un’aggregazione civica forte e libera da appartenenze ai singoli partiti e in nessun modo influenzabile dalle loro logiche e dai centri di potere. Niente di questo, evidentemente si è verificato; inoltre il magistrato non aveva mai parlato esplicitamente della sua candidatura alla massima carica regionale, ma fatto un discorso ampio sulla regione come territorio. Non si può fare a meno di notare l’insistenza con la quale i partiti minori del centro destra abbiano sollecitato il giudice e la coalizione a ufficializzare notizie sulla candidatura e probabilmente proprio questo continuo susseguirsi di sollecitazioni avrà indotto Di Giacomo a chiarire una volta per tutte lo stato della situazione. Non ho esitato a dire, a suo tempo, che i cespugli politici del centro destra sbagliavano, anche se penso che si possano capire i reali motivi di questa tambureggiante campagna mediatica portata avanti da esponenti tutti appartenenti a partiti a rischio di quoziente elettorale; rientra tutto in una logica di posizionamento comodo per avere maggiori possibilità di essere eletti alla Regione. Di Giacomo, naturalmente e coerentemente, ha rifiutato subito qualunque logica di appartenenza ad una qualsiasi tesi partitica e con precisione ha stoppato qualunque illazione provenisse da sedi politiche. Un comportamento giusto ed equilibrato e nei tempi opportuni. Alla fine quello che rimane è un quadro politico, quello del centro destra, che ha perso l’unità ed anche il candidato migliore per confrontarsi con l’elettorato su posizioni ‘alte’ e tematiche di valore. Ma non sono solo nel centro destra i problemi: dalla parte opposta la situazione non è meno difficile. La pervicacia con cui il PD nazionale insisterebbe per la ricandidatura del presidente Frattura ha già generato scissione e presumibilmente ne andrà a creare delle nuove. Il silenzio di Roberto Ruta fa presagire il peggio, cioè divisioni a catena all’interno del centro sinistra, a meno che l’architetto campobassano non dia spazio all’avvocato (campobassano) nella corsa alla poltrona più alta della Regione Molise. Leva, dal canto suo, ha spostato da tempo le truppe verso Liberi e Uguali, sempre in posizione anti-fratturiana. Cinque Stelle e Lista Salvini potranno iniziare a prenotare lo spumante.
Stefano Manocchio