Due anni di tempo, dall’avvio del processo di programmazione, per due ore di tempo in Consiglio regionale. Una farsa di confronto politico, per sprecare la più grande capacità di programmazione per il prossimo settennio. Di circa un miliardo e mezzo di coesione (compresi fondi per agricoltura e fondo di sviluppo e coesione), si definisce la prima parte, di circa 500 milioni di euro, per licenziare un documento di programmazione tecnicamente puntuale, ma politicamente senza anima.
Un atto che si completa entro il giorno di Pasqua, con l’invio dei figli alla Commissione: i POR che neanche verranno mai esaminati da partenariato e Consiglio regionale, depositario da Statuto delle competenze in materia di programmazione. Né dal partenariato.
Un documento che può superare il vaglio ispettivo dei funzionari della Commissione europea perché rispetta i criteri asettici dei regolamenti comunitari, ma che non offre alcuna visione identitaria forte dell’amministrazione in carica, delle missioni di programmazione enunciate mille volte da Toma e declinate in DEF regionali rimasti carta straccia.
Come il programma per il turismo, che ora doveva cospicuamente trovare il suo polmone finanziario e viene rilegato in un angolo nella cosiddetta op.5 (2.1.16.2 “valorizzazione del patrimonio naturale e culturale a fini turistici” con una percentuale di attribuzione risibile del 3/5% del solo fondo Fesr). Come si finanzierà il turismo invernale, il marketing di cui non si trova traccia o le forme innovative (buono il riferimento a quello sostenibile, aiutato anche dal fondo sociale). La rete dei borghi non ammessi al bando del Ministero dei beni culturali che se dovrà trovare accoglimento, come deciso in Consiglio regionale approvando una mia mozione, dovrebbe avere qui qualche riferimento, fungendo il documento di programmazione strategica come “guide lines” anche per il Fondo di Sviluppo e Coesione. E ancora per varare definitivamente un finanziamento strutturale per la “nostra” filmcommission, essendo il Molise fra le poche regioni a non averne una. Sarebbe questo il tempo di fare come la Basilicata che puntò tutto sul proprio Por Fesr per varare il proprio “coast to coast” che avviò la stagione del grande lancio promozionale, chiusosi con “Matera capitale della Cultura”. Se non si finanzia tutto questo ora, sul documento in discussione, non ci sarà modo sul bilancio ordinario della Regione. Il Piano del turismo resterà per lo più lettera morta, o attuato con spot da due milioni di euro, come il neolicenziato bando di “turismo e cultura”, asfittico. O come per gli interventi della Fondazione cultura, privi di continuità strutturale. O, infine, come la Bit, una vetrina di un negozio al cui interno non ci sono i prodotti da vendere.
Ma non si trovano le tracce neanche delle discussioni sulle infrastrutture strategiche per il Molise, a partire da quelle viarie che rientrano nuovamente nel novero delle opere finanziabili, ma che solo nelle indicazioni del partenariato, sintetizzate puntualmente, trovano una forte declinazione, anche se per la mobilità si registra l’importo finanziario principale del Fesr, pari a 20-25% del totale.
In materia energetica, si dice che non ci sono esperienze avviate sulle Comunità energetiche, laddove dal territorio si segnalano già iniziative in diverse aree, a partire da Mirabello e Frosolone. Ma in ogni caso, in modo complementare al PNRR, è utile avviare iniziative di rete anche sui fondi regionali. Né si citano le incredibili esperienze di avvio di una nuova produzione e polo formativo e innovativo in capo a Stellantis. Ma perché non si crea un “indotto” favorevole, a partire da una sperimentazione per la rete di approvvigionamento energetico dei veicoli elettrici, in raccordo stretto con i soggetti e le strategie nazionali. E ancora, per l’ammodernamento delle reti, il fabbisogno stimato da Enel è di circa 110 milioni di euro. Bene quindi aver fatto il primo passo, ma siamo lontani da un sistema efficiente.
Nessuna vocazione, poi, per arginare lo spopolamento, dove l’obiettivo è declinato con risorse minime, niente a che vedere con altre regioni, come la Toscana, che ne fanno l’asse portante con un 30% delle risorse dedicate ad aree interne.
Preoccupante è la parte su inclusione dei lavoratori e su occupazione, che dimentica le molte sacche di lavoratori, a partire dai 518 LSU che da ieri non sono più impiegati e che non stanno avendo risposte.
Citato di striscio con una sola parola lo smartworking e nessuna elaborazione sugli hub tecnologici o sul turismo dedicato a queste nuove modalità di lavoratori.
Non si intravede un’anima per le tre città principali, mettendo il minimo sindacale sull’obiettivo urbano, per lo più concentrato sulla mobilità.
Né misure per la valorizzazione naturalistica, a partire dal Parco del Matese o i sistemi di controllo ambientale specificamente considerati, ad esempio quello per Venafro. Così come concentrare il dissesto idrogeologico sui problemi fluviali, lacuali e marittimi appare restrittivo. Se ne comprende la ratio, ma si rischia di restare senza possibilità di incidere in caso di urgenza.
Estrema preoccupazione anche sulle cosiddette “condizioni abilitanti”, cioè quei piani e atti, senza dei quali la Commissione europea non finanzia la relativa misura. Per capirci, se non si approva il Piano dei rifiuti, quello idrico o quello dei trasporti, le relative domande di pagamento non vengono saldate dall’UE. Una bella gatta da pelare, visto che in 4 anni questo non è accaduto nella nostra regione!
E che dire per le missioni “nascoste” che vanno ricercate fra le pieghe? Si ritrova la Molisedati con una dotazione dal 2 al 4% (pag. 168) sotto i “servizi pubblici digitali” che ricomprendono tutto lo “scibile”, mentre non c’è pace fra gli ulivi, poiché le scelte che riguardano il nuovo vertice tecnico dell’ente, affidate a una selezione claudicante, non fanno decollare alcun progetto preesistente, figuriamoci che cosa succederà con quelli nuovi finanziati qui. Magari “esternalizzazioni” monodirezionali a poche imprese già pluribeneficiarie?! Speriamo proprio di no!
Troppe le azioni per la competitività delle imprese in relazione all’importo finanziario previsto (4,5%-7%). Se si vuole rilanciare la competitività sono insufficienti.
Così come le misure per favorire il lavoro dei giovani e delle donne.
Estremamente basso l’importo per la sanità e l’assistenza, pari a 1,5%- 3% di Fesr ed Fse. Visto che siamo in piano di rientro, perché non favorire qui gli interventi bloccati da Adduce, figura mitologica dietro la quale si para ogni “non possumus” di Toma in materia?
Nessun accenno alle strategie europee, o ai programmi come Eusair o di bacino, come gli interventi sulla Cooperazione Territoriale. Sembra dispersa la vocazione europeista di Toma, estromesso dal Comitato delle Regioni e delle autonomie, con la sede di Bruxelles chiusa e con un documento strategico che non guarda fuori dai confini fra Moldaunia e Molisannio.
Pochi gli accenni, infine, alle condizioni che più di tutte stanno minando le basi economiche e sociali del Molise, come delle altre regioni europee: il covid e la guerra in Ucraina, con gli impatti in materia energetica e conseguenze sui prezzi e gli indici di inflazione galoppanti. Il documento, basandosi su matrici sicuramente antecedenti alla guerra, ma anche basati su come fronteggiare le transazioni in atto (ambientale, digitale, demografica), non ne parla quasi. Pertanto, in accompagnamento allo stesso, va mosso un appello alla Commissione e al Governo per usare correttamente gli strumenti a disposizione, a valere su risorse addizionali e ordinarie, per fronteggiare le crisi. O si assume una flessibilità relativa agli attuali indirizzi o si dice chiaramente che si vareranno misure dedicate e uniformi da parte dell’UE utili a fronteggiare il caro bollette e ridurre gli impatti negativi delle sanzioni alla Russia per i comparti produttivi più esposti.
Servirebbero, in particolare, misure specifiche per la povertà assoluta e relativa in crescita dopo il covid e misure contro l’usura. Per i fondi per la non autosufficienza la definitiva risoluzione del tema dell’inclusione sociale, attraverso il finanziamento del fondo FNA.
Con quali ulteriori fondi fare tutto ciò? Evidenziamo al riguardo due errori gravi.
Il cofinanziamento viene garantito da fondi nazionali e cioè la regione non aggiunge quasi nulla di proprio. Ai 402 milioni, 70 è la quota che verrà dal POC, mentre 281 le risorse UE e 120 quelle nazionali.
Eppure, abbiamo più e più volte ribadito che si poteva fare di più per migliorare la dotazione del Molise, con la nostra regione che ha ottenuto il 15% in meno di quanto potenzialmente assegnabile per il periodo 2020/2027. Insomma, il Molise guadagna, ma non quanto potrebbe.
Aumentano, infatti, le risorse per noi rispetto al precedente ciclo, poiché passiamo da regione in transizione a regione in convergenza, ma da questo passaggio non migliorare per quanto avremmo potuto.
Abbiamo perso circa lo 0,3 nel negoziato nazionale, pari a circa 70 milioni di euro.
Dunque, aver perso il negoziato sulle risorse e aver evitato il cofinanziamento restituisce al Molise un programma scheletrico in riferimento alle risorse. Potevamo viceversa poter far fronte a misure più finanziate o a nuove misure se fossimo stati più bravi nel corso della trattativa e se avessimo avuto più coraggio nelle scelte di investimento da nostro bilancio. Più volte, invece, Toma ha sottolineato positivamente una sconfitta. Ha plaudito all’apertura della ministra Carfagna alle richieste dei governatori di Molise e Calabria che invocavano l’uso di risorse nazionali per cofinanziare i programmi europei. Risorse nazionali sostitutive di quelle regionali. Bene, il semaforo verde dal Ministero della coesione e dal Ministero dell’economia è arrivato, ma “cui prodest”? Alla fine la regione fa solo un piccolo sforzo sul cofinanziamento. Significa, semplicemente, che il territorio, le imprese, i lavoratori avranno meno investimenti. Non ci troviamo molto di cui gioire! E poi, diciamolo, se non ci mettiamo “soldi nostri” come dimostriamo che ci crediamo per davvero?
E certo, perché entro Pasqua va caricato nel sistema tutto ciò che attua questo documento strategico: ovvero i POR, che neanche verranno visti da territorio e consiglieri, violando ogni tipo di previsione statutaria. Eppure le bugie sono presenti al riguardo anche nel documento. A pag. 43 addirittura si legge, riportando la nota delibera di giunta 33 del 2020, che avrebbe originato il percorso di approvazione dei documenti (ben 2 anni! Ma senza che si sia trovato di più di 2 ore per il Consiglio!), “a seguito dell’interlocuzione partenariale e della condivisione del Consiglio regionale”. Ma quando? La mia sicuramente no! Si è risolto tutto in una farsa formale.
Peccato. Che altra enorme occasione sprecata. La più grande.
Micaela Fanelli