Com’era facilmente prevedibile, il lockdown causato dall’esigenza di contenere il Covid 19, si sta portando dietro una serie di pesantissime conseguenze socioeconomiche. A due settimane dalla parziale apertura delle attività, registriamo un’economia globale in profonda recessione, un PIL interno italiano che quest’anno perderà qualcosa come 10 punti percentuali, e nessuna prospettiva concreta per il futuro.
La decisione dei partiti che sostengono il Governo di “sforare” nel rapporto deficit-Pil dovrebbe avere un obiettivo alto e condivisibile: far ripartire l’economia con un grande piano di investimenti pubblici, sostenere le imprese che vogliono innovare e creare occupazione, soprattutto nel Mezzogiorno, finalizzare la riduzione delle aliquote fiscali alla crescita di tutto il Paese. In fondo questo è stato il richiamo “costituzionale” del Presidente Mattarella: conciliare crescita, investimenti e stabilità economica per non avere ricadute negative sulla condizione delle famiglie, dei lavoratori, dei pensionati e sul futuro dei giovani.
L’occupazione non si crea né con i sussidi, né cambiando ogni tre anni le regole del mercato del lavoro. È imbarazzante sul tema dello sviluppo il confronto tra noi ed il resto dell’Europa. In Italia la spesa per gli investimenti pubblici è ormai marginalizzata, scesa dal 3,5% del Pil del 1981 fino all’1,4% del 2017, mentre il sistema delle opere pubbliche continua a essere bloccato da veti incrociati della politica, ricorsi, sprechi, sub -appalti scandalosi: di 37 grandi opere strategiche programmate negli ultimi 15 anni sono solo 11 quelle arrivate al traguardo.
Abbiamo rinunciato, come scrive Santilli del “Sole 24 Ore”, a uno dei grandi motori dell’economia per non essere capaci di tagliare sprechi e privilegi nella macchina corrente dello Stato.
Si avverte, ora più che mai, l’esigenza di una grande “alleanza” tra le parti sociali per sollecitare e favorire una svolta sugli investimenti pubblici e privati, in particolare per le infrastrutture, nel nostro paese.
Una delle opere pubbliche, nell’area del venafrano, il cui iter potrebbe concludersi rapidamente, essendo il suo progetto già definitivo e con tutti i pareri già acquisiti, è la “Bretella Anas di Ceppagna. Infatti l’ANAS con nota PEC del 06/08/2019, precisava: “in merito alla pratica n. 670598 del 01/07/2019, Le comunichiamo che, per lo sviluppo della progettazione esecutiva e successiva realizzazione dell’intervento in oggetto, è necessario che lo stesso sia recepito negli strumenti programmatici Ministero delle Infrastrutture / Regione Molise / Anas (perfezionamento dell’Intesa Stato – Regione)”.
Pertanto, se la politica vuole davvero esercitare il suo ruolo sociale in questa fase così critica, ha l’occasione per farlo, facendo ripartire l’economia in un’area, quella del venafrano, già ante Covid fortemente penalizzata dalla mancanza di serie politiche industriali e di sviluppo, consentendo di restituire dignità, salubrità e sicurezza a tutta la cittadinanza che quotidianamente è attraversata da una mole imponente di traffico pesante.
Il resto, sono solo chiacchiere vuote e senza senso.
Leopoldo Di Filippo – Dipartimento Infrastrutture, Sicurezza e Territorio CdLT CGIL MOLISE