Un ragazzo maliano di 26 anni si è visto accogliere il proprio Ricorso proposto contro il Ministero dell’Interno che aveva espresso parere negativo alla sua richiesta di protezione internazionale, ottenendo invece il riconoscimento della protezione sussidiaria per 5 anni.
A. S., ha lasciato il suo paese il 10 aprile 2014 (di giovedì, così come lo stesso tiene a precisare) ed è arrivato in Italia il 24 ottobre 2016.
Il ragazzo è fuggito dal Mali, per il fondato rischio di essere ucciso dal proprio zio, esponente di spicco della vita politica ed economica del paese, a causa di un rapporto conflittuale con l’uomo iniziato dopo la morte del padre avvenuta nel 2002.
A.S. ha raccontato di aver subito violenza fisica e psicologica oltre che minacce di morte da parte dell’uomo, che osteggiava la continuazione del rapporto con la madre, colpevole solo di essere cristiana e non mussulmana.
Al suo arrivo in Italia, il ragazzo ha chiesto la protezione internazionale, ma ha ricevuto un diniego da parte della Commissione territoriale che non ha ravvisato la sussistenza dei presupposti necessari alla concessione.
A.S. difeso da Anna Falcone, legale del team di Casa del popolo di Campobasso (unitamente a Caterina Ciaccia, Mimmo Farina e Michela Zampini), ha presentato Ricorso ottenendo un importante accoglimento, grazie anche al lavoro costante dello sportello immigrazione e legale di Casa del Popolo.
Il Tribunale di Campobasso, nella persona del giudice estensore dott.ssa Barbara Previati in effetti, ha riconosciuto al ragazzo la protezione sussidiaria proprio in virtù della sussistenza dei presupposti negati dalla Commissione.
Il giudice del Tribunale di Campobasso ha affermato che: “vista la situazione di instabilità e tensione del paese di provenienza, accertato che sussistono situazioni di grave conflitto interno, legati alla presenza di numerosi gruppi terroristici, ha ritenuto di accogliere la domanda proposta dal ricorrente volta al riconoscimento della protezione sussidiaria” (Decreto del Tribunale di Campobasso del 3/06/2019).
Il giudice ha chiarito che “in Mali, l’attuale situazione socio-politica esistente è caratterizzata da una forte instabilità, e tenuto conto della presenza di gruppi terroristici ramificati sul territorio, ha ravvisato che il richiedente tornando in Mali possa subire un grave danno perché detta situazione appare di per se allarmante“, ritenendo ancora che “in base ai resoconti più recenti sulla situazione del paese, sussistono i presupposti applicativi dell’art. 14 lett. c) del Decreto Legislativo 251/07, ravvisandosi una situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato interno, così come identificata dalla corte di giustizia europea con le sentenze Elgafaji del 17 febbraio 2009 e Diakitè del 30 gennaio 2014.”
Parlare di immigrazione e di migranti è oggi più che mai attuale.
Il fenomeno migratorio non è però esclusivamente contestazione, o interpretazione legislativa.
Bisognerebbe sempre ricordare che si tratta di persone che portano una storia con loro.
A. S., non è solo “un ragazzo buono e gentile” come lo hanno definito gli stessi operatori della struttura che lo ospita, ma parla un buon italiano ed è istruito. Ha frequentato le scuole in Mali, dalle elementari alle superiori proseguendo anche con un anno di università (facoltà di giurisprudenza).
In Italia ha frequentato diversi corsi di alfabetizzazione italiana, ed ha conseguito la licenza media.