296.645 iscritti del PD hanno partecipato alla prima fase congressuale del partito votando per il 45,3% ( 116.454 ) per Renzi, il 39,4% ( 116.454 ) per Cuperlo, il 9,4% ( 27.841 ) per Civati e il 5,8% ( 17.117 ) per Pittella, in una rara occasione di democrazia che ha saputo avviare una riflessione sui principali temi economici, istituzionali, sociali e del lavoro che angosciano un’Italia alle prese da una grave recessione che persiste senza soste dal 2008. In Molise gli iscritti ed i simpatizzanti del PD hanno dato vita ad eventi, incontri e iniziative politiche che hanno coinvolto Massimo D’Alema, Fabrizio Barca e tanti giovani dirigenti regionali, bravi a proporre idee e offrire contributi di merito sulle questioni più significative del nostro territorio.
La mobilitazione si intensificherà nelle prossime settimane e vedrà moltiplicarsi le riunioni tese a sostenere ciascuna delle tre proposte programmatiche nazionali in favore di Renzi, Cuperlo e Civati, in una gara democratica bella, nitida e responsabile. La buona politica non si afferma in astratto ma attraverso un impegno concreto, motivato e costante, dei cittadini che scelgono volontariamente di aderire ad un partito e battersi per gli ideali, la visione sociale ed il progetto di quel partito. Per questo il congresso del PD, pur tra limiti e contraddizioni, rappresenta un’occasione più unica che rara per riflettere sulla crisi della rappresentanza democratica, su come si selezionano le classi dirigenti e sulle modalità con cui una persona singola può incidere sulle scelte di governo adottate a livello, comunale, regionale e parlamentare. Sepolti i partiti popolari di massa della prima Repubblica, l’ultimo ventennio ci ha regalato partiti-azienda, partiti-personali, capi-popolo e luoghi virtuali di coinvolgimento in cui la delega in bianco al segretario nazionale rappresentava l’elemento fondativo. I sondaggi hanno sostituito il confronto aspro ma leale nelle sezioni, i parlamentari vengono scelti da Roma, la gestione del potere ha marginalizzato la visione ideale ed i progetti di medio-lungo termine con un impoverimento della politica ed un allontanamento generalizzato dei cittadini che si sono rifugiati nell’astensione, nel non voto o nella protesta fine a sé stessa. L’assenza di formazioni popolari radicate sul territorio ha consentito alle classi più ricche di accumulare ulteriori ricchezze fino a concentrare il 50% del patrimonio nazionale nelle mani del 10% degli italiani. Se si vuole fermare questo declino non bisogna cercare un emulo di Berlusconi che a centro, a destra o a sinistra, concentri a sé il potere decisionale in una logica da Grande Fratello che relega i cittadini a spettatori della propria vita. Servono i partiti, quelli veri che garantiscono pluralismo, libertà di dissenso, che selezionino i propri dirigenti attraverso il coinvolgimento degli iscritti e non di tutto il popolo perché è il militante di base che deve difendere la propria identità e non la somma degli avversari che viene a scegliere in casa tua a chi affidare la guida del tuo partito. Per questo il congresso del PD è l’occasione per scuotere anche le altre formazioni politiche per riavvicinare l’Italia all’Europa in un’idea di democrazia che non ha bisogno di un uomo solo al comando. Tra le proposte su cui si voterà alle prossime primarie nazionali dell’8 dicembre quella di Cuperlo indica in modo chiaro queste scelte e merita di essere sostenuta proprio perché ribalta la cultura politica dell’ultimo ventennio e si fonda sul Noi che sostituisce l’Io.
Michele Petraroia