Congresso si oppure no? A quali condizioni e con quali regole? E soprattutto, è opportuno ed utile celebrare prima quelli regionali e poi quello nazionale o sarebbe meglio il contrario?
Quante domande, alcune delle quali hanno – o avrebbero – necessità di approfondimenti prima di ottenere le doverose risposte.
I dubbi che attanagliano noi militanti e simpatizzanti, i pochi superstiti dopo le condizioni in cui certa dirigenza ci ha ridotto, sono tanti e legittimi. Però, prima di ogni altra cosa, sarebbe opportuno chiedere, e farcelo dire da chi aspira a diventare segretario regionale del pd, quale idea di partito abbia e come intende risalire la china.
Siamo nati come un partito progressista, cioè “fautore del progresso economico e sociale” facendo espresso riferimento alla necessità di riforme e di rinnovamento politico rispetto ad una situazione stantia che durava da quasi 20 anni, ma la verità è che abbiamo fallito su tutta la linea.
Ed il fallimento/declino è iniziato da quando, come pd, abbiamo dimenticato il popolo, la necessità di lavoro, la ricerca ed il conseguimento di equità sociale, diventando “schiavi” dei poteri forti quali le banche ed altri soggetti che hanno mirato solo al proprio tornaconto personale e, quindi, siamo stati puniti. Giustamente puniti, aggiungerei.
il tema del “dove vogliamo andare” è aperto oggi più che mai, perché quando devi ricominciare a costruire qualcosa, l’obiettivo deve essere ben chiaro e visibile a tutti. Giocare a nascondino come fatto fino ad oggi non è più possibile, come non lo è crogiolarsi nell’illusione che le primarie aperte – e dunque una leadership legittimata dal voto degli elettori – sia sufficiente a garantirci l’apertura alla società civile. I risultati recenti sono leggibili e chiari a tutti.
Anche coloro i quali nel Pd credevano che un uomo solo al comando potesse essere la giusta soluzione – il famigerato uomo solo al comando – debbono cambiare idea se hanno ancora a cuore il nostro partito.
E’ venuto il momento di riconoscere che la leadership solitaria non corrisponde al profilo politico progressista di cui ci intingiamo, come non può collimare con l’esigenza di ricostruire un rapporto di fiducia con il nostro popolo, con l’idea di comunità politica che è capace ed attiva sul territorio.
Abbiamo bisogno di tornare all’origine, alla nascita del pd, dove essere anche un po’ “movimento” ci ha consentito e riconosciuto il ruolo di aggregazione in cui la società civile si è a sua volta riconosciuta ed oggi, purtroppo, non lo fa più.
I social, la rivoluzione della rete e la rapidità con cui circolano le notizie e si diffondono nell’opinione pubblica, rendono praticamente nullo ogni altro sistema comunicativo; se poi a questo ci aggiungiamo scelte politiche fallimentari, il gioco al ribasso delle quotazioni del pd è presto fatto.
In questo quadro non certo roseo, però, si può inserire il congresso che da solo, certamente, non è il rimedio di ogni scelta sbagliata, non è il placebo per proseguire – soffrendo meno – su questa strada tracciata da opportunisti, ma può rappresentare la rinascita e la rivincita di un partito che è l’unico di centrosinistra. Anzi, proprio in questa ottica sarebbe auspicabile un rientro nelle nostre fila di quegli amici che hanno fatto scelte diverse, vuoi per delusione, vuoi per protesta od anche perché non riconoscevano più il “marchio” pd come proprio.
Le regole in questo contesto sono fondamentali, come lo è nominare nella Commissione congressuale non i soliti yes man or woman, ma gente che ha voglia di celebrare un congresso vero e non inquinato.
Poi se vogliamo dare uno sguardo al candidato modello come segretario, mi sembra che la prima regola di buon senso che debba essere seguita è quella della collegialità nelle scelte, della correttezza di comportamento, nella non assunzione di doppi ruoli e senza mischiare quello di eletto nelle istituzioni, grandi o piccole indifferentemente, con quella di capo politico del pd.
Recentemente abbiamo già avuto dimostrazione che non è un abbinamento vincente, né quello di fare scelte politiche senza collegialità e condivisione con le varie anime del partito, né quello di eleggere un segretario già a sua volta eletto nelle istituzioni.
Ce la faremo a fare un congresso basato idee politiche progressiste e non personalistiche, sulla collegialità delle scelte (con il dovuto e auspicabile confronto mancato in questi anni) e non fatte d’imperio e senza la promiscuità dei ruoli tra eletti e capo politico regionale?
Auspichiamoci di si, diversamente le percentuali di gradimento già scese di molto, andranno ulteriormente a picco ed ogni possibile soluzione diversa da quanto sopra indicato vedrà la definitiva morte del pd dove nemmeno un “requiem” sarà più utile a consolarci della dipartita.
Il Vice Pres. Ass. Regionale PD Molise
Costanza Carriero