Mi sono battuta una vita per la rappresentanza delle donne. Una vita perché il nostro valore si rispecchiasse nelle istituzioni. E perché si cambiassero i metodi della politica. Donne che costruiscono, che restano coerenti, che non accettano compromessi, che non svendono le proprie convinzioni. E anche in questa legislatura regionale, mi sono battuta perché una donna di centrodestra avesse un ruolo nella Giunta tutta al maschile. Indifferente il chi, perché era ed è importante il principio. Per affermare l’uguaglianza nella dignità che ci è dovuta, ma ancora troppo spesso negata.
In condizioni ‘normali’, dunque, avrei gioito della nomina del primo “assessore rosa” della Giunta Toma. Mi sarei complimentata, l’avrei vissuto come un successo per tutte le donne.
Ma non così, non dopo quello che è successo ieri, quando si è toccato il punto più basso di questa legislatura. Perché a fronte dell’immenso dolore che sta colpendo la nostra gente, degli ospedali che scoppiano, delle persone intubate trasferite in elicottero, della campagna vaccinale ferma, delle partite iva e dei commercianti che non ce la fanno più, il massimo sforzo che Toma e il centrodestra riescono ad esprimere, è funzionale solo e soltanto alla loro sopravvivenza politica.
Senza rimorsi, anni luce distanti dalla necessità di affrontare e risolvere i veri problemi del Molise, che sprofonda sempre più nella disperazione, mentre la maggioranza è unicamente interessata all’ennesimo valzer di poltrone e potere.
Ma questo non basterà a distogliere lo sguardo dal fallimento politico di Toma e della maggioranza. Lampante, certificato, inoppugnabile. Il Molise è la Regione che meno è stata capace di proteggere la salute delle persone, immobile e incapace di fronte alla pandemia e alla crisi economica e sociale che sta devastando, insieme al Covid, il nostro tessuto sociale e produttivo. E a fronte di queste emergenze, la summa politica espressa dal Governatore è utile non a risolvere i problemi dei molisani, ma unicamente i suoi. Perché è Donato Toma il vero artefice e il più grande responsabile di tutto questo disastro, non solo sanitario ed economico, ma anche politico. Giunte torbidamente rimestate dalla sera alla mattina, consiglieri espulsi dal Consiglio, Assessori sacrificati sulla scorta delle più becere brighe. Proprio quell’assessorato, quello al lavoro e al sociale, dove più si sarebbero dovuti vedere impegni in pandemia ha avuto come unico risultato l’avvicendarsi di 4 Assessori (Mazzuto, Tiberio plenipotenziario, Marone e Calenda): sit pudor!
E, nel frattempo, il Molise ed i molisani soffrono, abbandonati proprio da chi aveva il compito istituzionale e morale di soccorrerli. Questo è il vero ed unico risultato politico di Toma, della sua Giunta e della sua maggioranza. Questo grido avevamo l’obbligo di rappresentare con la mozione di sfiducia alla quale 11 consigliere e consiglieri hanno aderito, decretando la fine politica di questa maggioranza. Che resiste, solo per quel gioco di poltrone e per il potere. Niente per gli esclusi e per i dignitosi senza voce, ma non senza occhi e senza capacità di giudizio.
Dunque, no, non posso gioire per la nomina della Calenda in Giunta, che non riconosco come un gesto doveroso per il rispetto delle quote rosa, perché frutto di un baratto politico e di una finta ed interessata considerazione delle donne, alle quali viene dato credito solo ora, solo quando diventano funzionali agli interessi di sopravvivenza. Per questo, Mena si doveva ribellare, se proprio voleva mostrare il valore delle donne, la forza della coerenza che doveva ai suoi pensieri, alle sue ripetute uscite pubbliche, a quella coraggiosa firma! Che avrebbe potuto cambiare tutto, in meglio. Così non sarà. Purtroppo.
Auguri di buon lavoro alla nuova Assessora. Ne ha davvero bisogno.
Micaela Fanelli