Abbiamo fatto di tutto, nel mondo del lavoro: velocizzato i tempi di produzione, eliminato scorte inutili, semplificato i sistemi di assemblaggio, tentato vie per rispondere meglio al mutare della domanda. E, anche sul versante dei dipendenti, molte cose sono state fatte: negoziati tempi e modi della prestazione di lavoro, contrattato retribuzioni e indennità, provato a semplificare le stesse azioni che si devono compiere, magari anche grazie alle nuove tecnologie. Un lungo percorso, dentro il quale su molti tasti abbiamo agito, collettivamente: parti sindacali chiamate ad un ruolo di rappresentanza di interessi forti delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche rappresentanti delle imprese e lavoratori autonomi, mondo cooperativo e finanche pubblico impiego.
Ma c’è una cosa su cui non abbiamo fatto abbastanza, un campo di azione nel quale occorre ritornare e ricominciare ogni giorno ad agire: quello della SICUREZZASUL LAVORO. Nonostante investimenti nella prevenzione, malgrado campagne di informazione e prescrizioni normative, anche se non c’è contratto in cui non si ribadisca un impegno in proposito… di lavoro ancora si continua a soffrire, ancora sono migliaia gli infortuni e altrettanti i lavoratori colpiti da malattie professionali, ancora troppi e imperdonabilmente troppi sono le morti sul lavoro. E nessuno ne va indenne: c’è l’edile che muore nel crollo di un tetto e il dipendente pubblico che fa un incidente mentre assolve ad un servizio esterno, il lavoratore della chimica disfatto da uno dei tanti nuovi prodotti all’operaio agricolo sul trattore rivoltato, dal siderurgico nella colata d’acciaio al lavoratore dei servizi nel silos dove è stato mandato a fare pulizie. E l’elenco potrebbe continuare con riferimento ai trasporti ma anche alla ricerca sperimentale, alla scuola nella sanità ma anche al manifatturiero, all’artigianato ed al commercio.
Diciamolo una volta di più: è intollerabile che ci sia una lavoratrice o un lavoratore che all’uscita di casa saluta i propri cari per recarsi sul lavoro e portare a casa, dignitosamente e in mezzo a mille difficoltà, una retribuzione, talvolta persino limitata nell’importo e nei diritti che comporta, e la sera non fa ritorno.
ZERO MORTI SUL LAVORO, allora, non è tanto e solo una riuscita campagna della UIL, bella graficamente ed efficace per il valore di richiamo di valori che porta con sé. ZERO MORTI SUL LAVORO deve essere un impegno quotidiano e un impegno di tutti.
Di tutti perché nessuno si può chiamare fuori. Certo non l’imprenditore che risparmia qualche euro non adottando tutte le precauzioni indispensabili e le previsioni non derogabili. Nemmeno chi è chiamato a controllare e vigilare e lo fa in modo troppo superficiale, guardando talvolta più ai timbri sulla carta che alle reali condizioni dell’ambiente di lavoro, o ai ritmi inumani o alle condizioni di iper sfruttamento, che spesso sono alla base del fenomeno. Talvolta nemmeno i lavoratori se ne possono chiamare fuori, distratti come sono e non abbastanza rigorosi nell’adottare procedure per la sicurezza ed indossare strumenti di protezione individuale.
Bisogna che la sicurezza sul lavoro (che, si noterà, va coniugata con la sicurezza anche fuori dai luoghi di lavoro, per l’indiscutibile connessione dei due ambienti e contesti) torni ad essere una priorità: se abbiamo investito danari dobbiamo mettercene di più, se abbiamo messo in campo progetti dobbiamo progettare ancor meglio, se sono attivi controllori e ispettori forse ne servono il doppio. Ma, soprattutto, serve una crescita della consapevolezza collettiva, una responsabilizzazione individuale che diventa pratica di tutti e nell’interesse di ognuno.
Davvero, di lavoro non si può morire, davvero non si può portare a casa un corpo ferito, martoriato, umiliato nella sua integrità, integrità psicofisica del lavoratore che deve essere un patrimonio ed un fine primario, ben prima del profitto, della resa economica, della massimizzazione della produzione, della produttività fatta misura del mondo e della dedizione dell’uomo al lavoro.
Poi, certo, dobbiamo ragionare del lavoro dove, del lavoro quale, del lavoro quando, del lavoro a chi. E, fra qualche giorno, con il primo maggio FESTA DEI LAVORATORI, se ne tornerà a ragionare. Ma oggi, 28 aprile GIORNATA PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, su questo tema dobbiamo tenere alta l’attenzione, tenere compatti gli intenti, tenere forte l’impegno.
Segretaria generale UIL Molise – Tecla Boccardo