Domani, con partenza alle prime luci dell’alba dai principali centri del Molise, molti dipendenti pubblici saliranno a Roma: davanti Palazzo Vidoni, sede del Ministero della Pubblica Amministrazione, a dispetto del caldo e del ‘clima vacanziero’, parteciperanno un nuovo passaggio della mobilitazione unitaria di CGIL, CISL e UIL per l’apertura immediata del tavolo per il rinnovo dei contratti pubblici e contro una riforma sbagliata che calpesta i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e che cancella i servizi ai cittadini.
Il blocco dei contratti pubblici dura ormai da sei anni. Sei anni nei quali l’innovazione, come ricorda il Sindacato in una lettera aperta a tutti i parlamentari, non ha fatto passi avanti, la tenuta e la qualità dei servizi ai cittadini sono state mantenute a fatica o addirittura si sono ridotte (come il potere di acquisto di tre milioni e mezzo di lavoratori pubblici e delle loro famiglie), la confusione è aumentata per il continuo accavallarsi di nuovi interventi che non hanno risolto, ma semmai complicato, le contraddizioni aperte dai precedenti. E sono aumentate anche la spesa pubblica, nonostante i sacrifici chiesti ai lavoratori della Pa, e la sfiducia dei cittadini e delle imprese nei confronti di un sistema pubblico che, nonostante le continue proclamate “riforme”, continua ad apparire incapace di riallinearsi ai bisogni reali.
Tutto questo, a parere del Sindacato, fa male al Paese, alla società, all’economia. Fa male anche ai lavoratori pubblici che aspirano ad essere messi nelle condizioni di agire con tutte le loro potenzialità professionali, di svilupparle a beneficio della collettività e di vederle equamente riconosciute.
Per questo, CGIL, CISL e UIL credono che l’unica via di uscita da questa pericolosa spirale negativa passi da una riforma vera del sistema pubblico, in grado di dare slancio e sostanza a quello che i cittadini chiedono: trasparenza, efficienza, innovazione, partecipazione. Che è anche ciò che chiedono i lavoratori pubblici e che noi, come organizzazioni sindacali, abbiamo messo al centro di una mobilitazione che dura ormai da mesi. Non soltanto una protesta, ma un’esortazione ai responsabili politici e istituzionali a fare tesoro delle proposte che vengono dal mondo del lavoro pubblico e delle relazioni sindacali per dare “la marcia in più” al processo di rinnovamento.
Ma la leva del cambiamento ha un fulcro senza il quale non può funzionare: il contratto collettivo. Ora che la sentenza della Consulta ha sancito l’impossibilità costituzionale di una proroga ulteriore del blocco, è il momento di tornare subito a confrontarsi per rinnovare il Contratto nazionale e per sbloccare tutti i nodi che, proprio in assenza di contrattazione, hanno ingessato ogni possibilità di miglioramento nei servizi pubblici: fermi i progetti per incentivare la produttività, fermi gli investimenti in competenze e professionalità, ferma la sperimentazione di nuovi e più avanzati modelli organizzativi.
Occorre, allora, rivedere profondamente la legge delega di riforma della Pubblica Amministrazione, in fase di approvazione al Parlamento, e tutti quegli interventi normativi invasivi della contrattazione ma sopratutto confusi, non coordinati e non efficaci rispetto al reale obiettivo di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. E dobbiamo anche, come Sindacato, richiamare le numerose vertenze specifiche per consolidare e rilanciare funzioni e servizi nodali per il buon funzionamento della democrazia: la riforma del sistema giudiziario e la riqualificazione del suo personale, il riordino dei servizi ispettivi e di quelli per le politiche attive del lavoro nei territori, l’implementazione delle competenze delle professioni sanitarie per ridisegnare i percorsi dell’assistenza. E ancora: la continuità dei servizi per l’occupazione finora facenti capo alle Province e il riassetto della governance locale, la salvaguardia dei salari accessori del personale di enti in difficoltà finanziarie per cattiva gestione, non imputabile ai lavoratori ma che questi ultimi rischiano di dover pagare, la mobilità tra amministrazioni pubbliche e la definizione delle tabelle di equiparazione, necessarie per attivarla al riparo da arbitrii e contenziosi.
“Come si vede – commenta Tecla Boccardo, Segretaria Generale della UIL Molise – le ragioni che portano i dipendenti pubblici molisani a mobilitarsi domani a Roma sono molteplici, generali e comuni a tutti i loro colleghi di altri territori ma anche con caratteristiche e peculiarità tutte molisane. Infatti, nel nostro territorio, caratterizzato da aziende che chiudono e da lavoratori che, esaurita la cassa integrazione, sono da mesi privi di reddito, avere un posto di lavoro pubblico è una fortuna. Tant’è che, in Molise, è proprio l’Amministrazione Pubblica il più grande datore di lavoro. Ma le loro condizioni di lavoro non presentano certezze: che fine faranno i dipendenti delle province? Cosa succederà con l’accorpamento degli uffici giudiziari? Lo sconquasso della sanità molisana, con la chiusura degli ospedali e l’assenza di un serio progetto di rimodulazione e di rilancio delle strutture sanitarie e assistenziali, dove li sbatterà a lavorare, e, poi, a lavorare come? E cosa vuol dire oggi operare nei centri per l’impiego con contratti precari in scadenza dei quali nessuno vuole nemmeno discutere? E cosa dire dei lavoratori della scuola in Molise che si fanno in quattro per garantire il servizio di una qualche qualità in istituti distribuiti in piccoli paesi ospitati in edifici cadenti? Ed ancora, fin dove si vuole ancora spingere l’esternalizzazione di funzioni e compiti propri delle pubbliche amministrazioni facendo entrare negli uffici lavoratori di aziende private che talvolta non ne rispettano nemmeno i diritti fondamentali?”
“Poi, certo, l’obiettivo del sindacato e dei lavoratori è, qui come altrove in Italia, il rinnovo dei contratti di lavoro nazionali, la contrattazione decentrata o di ente, l’incentivazione della produttività, gli investimenti in competenze e professionalità, la realizzazione di più avanzati modelli organizzativi. Ma, per molti di questi passaggi, nodali per il rilancio della Pubblica Amministrazione anche in Molise, abbiamo bisogno di interlocutori credibili e disponibili ad un serio confronto, di amministratori della cosa pubblica che abbiano in attenzione i problemi dei loro concittadini da coniugare con i diritti dei dipendenti pubblici. Se guadiamo alle recenti vicende della soppressione delle province o a come viene affrontata, qui da noi, la vicenda della sanità o dei centri per l’impiego, a nessuno sfugge come la strada si presenta, in Molise più che altrove, in salita”.
“Per questo i lavoratori pubblici molisani – afferma con forza Boccardo – hanno una ragione in più per manifestare domani a Roma e spostare subito dopo la loro attenzione al contesto regionale, dove buona parte di queste risposte vanno cercate. Con questa determinazione, con la consapevolezza di essere dalla parte giusta, con la voglia di rivendicare i diritti dei pubblici dipendenti e garantire ai cittadini i servizi che meritano, il Sindacato molisano andrà avanti con ancora più forza. Questa volta, mentre puntiamo la sveglia per l’ennesima partenza mattutina per Roma, è proprio il caso di dirlo: dal Molise con furore!”
BOCCARDO, UIL: ”DAL MOLISE CON FURORE”. ANCHE I DIPENDENTI PUBBLICI MOLISANI DOMANI A ROMA PER L’IMMEDIATO RINNOVO DEI CONTRATTI
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