Cinquantacinque anni fa, il 27 dicembre 1963, il Molise otteneva il distacco dall’ Abruzzo diventando regione autonoma. La ricorrenza viene ricordata da molti con l’entusiasmo di quel giorno di festa, ma non manca chi, per l’occasione, invita ad una riflessione sulla situazione presente e soprattutto sulle prospettive future che attendono questo lembo di terra.
C’è una data che incombe, e che potrebbe cambiare le sorti del nostro Paese: il 15 febbraio 2019. Per quel giorno, infatti, è prevista la firma dell’intesa tra il Governo e i Presidenti delle regioni Lombardia, Veneto e Emilia Romagna per una maggiore autonomia su determinate competenze sancite dall’art. 117 della Costituzione, per iniziare poi l’iter parlamentare per l’approvazione della legge di stato.
Con l’autonomia differenziata, queste regioni otterranno maggiore autonomia dallo Stato in alcune materie che adesso sono “concorrenti”, (quelle, cioè, sulle quali ora assumono decisioni e legiferano sia le Regioni che lo Stato) e che diventeranno di esclusiva competenza delle regioni. Parliamo di materie fondamentali quali la sanità, l’istruzione, la protezione civile ed altre. Tutto ciò comporterà che le tre regioni più ricche tratterranno per se buona parte delle risorse fiscali generate che attualmente vengono trasferite allo Stato, e le gestiranno per dare ai propri cittadini un proprio sistema sanitario, una propria organizzazione scolastica, un proprio sistema di protezione civile.
Parliamo di centinaia di miliardi di euro che verranno sottratti al bilancio dello Stato e quindi al riparto dei fondi pubblici per le altre regioni, innescando, come ha paventato lo Svimez, un percorso verso un sistema confederale nel quale alcune regioni si fanno Stato, procurando diritti di cittadinanza diversi in differenti aree del Paese e mettendo a rischio la tenuta della coesione e dell’unità nazionale. E altre regioni, quelle più grandi e ricche come le Marche, la Puglia e il Lazio, si stanno muovendo nella stessa direzione.
E’ fin troppo evidente come questi passaggi “non costituzionali” saranno una mannaia soprattutto per le regioni del sud, quelle più povere che hanno un “residuo fiscale” , cioè la differenza tra il gettito erariale raccolto e trasferito allo Stato e quanto lo Stato restituisce in termini di finanziamento, vicino allo zero se non addirittura negativo. Tra queste il Molise, piccolo, povero e del sud, è destinato ad avere le ripercussioni maggiori e rischia davvero l’estinzione, in un sistema in cui una sorta di federalismo selvaggio viene legittimato al di fuori delle garanzie costituzionali, in uno Stato che non garantisce più ai suoi cittadini la salute, l’istruzione e il vivere civile. Credo che una classe politica attenta e responsabile dovrebbe porsi questi problemi, per non rischiare di diventare l’ultima legislatura di questa Regione E dovrebbe farlo in fretta.
Ulisse Di Giacomo