Il prossimo settembre approderà al Parlamento europeo per l’approvazione, la proposta di Direttiva passata lo scorso 10 luglio con 21 voti favorevoli, 0 contrari e 5 astensioni nella Commissione dei diritti della donna e dell’uguaglianza di genere e riguardante “Misure per combattere il mobbing e le molestie sessuali sui luoghi di lavoro e soprattutto negli spazi pubblici e nella vita politica”. Questo quanto comunicato con una sua nota dalla Consigliera di parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo.
“La finalità principale della proposta di Direttiva – prosegue Giuditta Lembo- è quella di addivenire, per tutti i paesi dell’Unione Europea, ad una definizione giuridica omogenea e nuova di cosa significhi essere molestati, ossia ad una definizione standard di molestia che ne indichi precisamente il significato sia che essa avvenga in un ambiente di lavoro pubblico, sia privato o attraverso spazi pubblici nei confronti anche di coloro che per lavoro sono esposti pubblicamente e proprio riguardo a quest’ultimo caso, in mancanza oggi di normativa che riguarda tale fattispecie, alcuni giudici hanno archiviato numerose denunce. Una ricerca recente denuncia che in Europa il 55% delle donne sono state molestate sessualmente, in Italia circa la metà delle donne in età 14-65 anni (10 milioni 485 mila, pari al 51,8%), hanno subito nell’arco della loro vita ricatti sessuali sul lavoro o molestie in senso lato come pedinamento, esibizionismo, telefonate oscene, molestie verbali e fisiche. Prendendo in considerazione le sole molestie fisiche, ovvero le situazioni in cui la donna è stata avvicinata, toccata o baciata contro la sua volontà, la maggior parte di esse sono perpetrate da estranei (59,4%) o da persone che si conoscono di vista (14,1%). Tra le persone conosciute bene, invece, autori di tali molestie, sono con più frequenza gli amici (7%), il collega (5,1%) o il datore di lavoro (4,7%) e il compagno di scuola (1,4 %). Inoltre, secondo i dati Istat, quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’81,7 per cento dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Solo il 18,3% di coloro che hanno subito ricatti nel corso della vita ha raccontato la propria esperienza, soprattutto ai colleghi (10,6%).
Quasi nessuna delle vittime ha denunciato l’episodio alle forze dell’ordine per i seguenti motivi: il 28,4% ritenendo scarsa la gravità dell’episodio, il 23,9 % perché ha risolto la situazione da sola o con l’aiuto dei familiari, il 20,4% proprio per mancanza di fiducia nelle forze dell’ordine, il 15,1% per paura di essere giudicata e il rimanente 12,2% per altri motivi”.
“In sintesi, la proposta di Direttiva – precisa la Lembo- sottolinea la necessità urgente per gli Stati membri, per le Autorità locali e per i sindacati e le altre Istituzioni che si interfacciano con tali fenomeni come ad esempio le stesse Consigliere di Parità, di capire gli ostacoli che le donne devono affrontare nella segnalazione dei casi di molestie sessuali sul posto di lavoro e di offrire loro il supporto completo per segnalare questi casi in modo sicuro, senza paura di possibili conseguenze. Inoltra, la proposta, invita gli Stati membri a favorire politiche di lavoro basate sulla prevenzione, procedure riservate per rispondere ai reclami e sanzioni severe e dissuasive per i colpevoli e una politica di tolleranza zero, maggiore sostegno per le vittime, indagini celeri sui casi, formazione obbligatoria per tutto il personale che lavori soprattutto nella P.A.
La Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere – continua Giuditta Lembo – esorta la Commissione europea ad individuare una nuova definizione di “spazio pubblico”, considerando le tecnologie di comunicazione in continua evoluzione e l’aumento degli spazi pubblici “virtuali” come social network e siti Web, che hanno creato ulteriori possibilità per molestie e violenza a ogni livello della società. Infine, la stessa Commissione, sottolinea l’importanza delle campagne di sensibilizzazione e formazione ad ogni livello quali strumenti fondamentali nel contribuire a contrastare la violenza basata sul genere nell’ambito degli spazi pubblici.
Finalmente ci siamo- conclude la Lembo- voglio essere ancora ottimista e credere che l’input della Commissione dei diritti della donna e dell’uguaglianza di genere possa evitare che ancora oggi si possano verificare situazioni di ingiustizia data la mancanza di normativa specifica o a dir poco paradossali, come ad esempio situazioni in cui la vittima di mobbing o molestie, dopo aver ottenuto magari giustizia nei tribunali, ritornando sul luogo di lavoro, ritrovi di nuovo il proprio mobber come suo superiore, situazione questa che, oltre che essere paradossale, rischia di far rivivere alla vittima il timore, la paura e il disagio di lavorare ancora al fianco del proprio mobber! Ma alla base di tutto ricorre sempre il fattore culturale e quindi il ricorrente stereotipo femminile sintetizzato in una battuta: donna segretaria (magari super laureata) e uomo manager ( magari diplomato)!”