Riceviamo e pubblichiamo
Gentile Direttore in occasione del cinquantanovesimo anniversario della firma dei trattati di Roma – data di nascita del progetto politico che oggi chiamiamo Unione Europea – ho ritenuto opportuno condividere con Lei e con i suoi lettori una breve riflessione sul passato ma soprattutto sul futuro dell’Europa, con particolare attenzione alle sfide che nei prossimi anni saremo chiamati ad affrontare.
Il 25 marzo 1957 , al termine della cerimonia della firma dei Trattati di Roma , Paul-Henri Spaak poté finalmente dire che la prima grande tappa verso l’integrazione europea era stata raggiunta. Aggiunse anche che molto cammino restava da compiere, prima di realizzare il sogno della sua generazione, il sogno di De Gasperi e di Adenauer, di Schumann, di Monnet, di Spinelli, quello degli Stati Uniti d’Europa. Oggi molto di quel cammino è stato compiuto, gran parte di quel sogno è realtà ed innegabili sono i successi ed i traguardi raggiunti grazie alla lungimiranza dei Padri Fondatori. Ciò nonostante negli ultimi anni l’europeismo ha perso slancio: la recessione economica, la crisi occupazionale, l’emergenza in materia di immigrazione e terrorismo hanno messo in evidenza le lacune politiche dell’Unione Europea, riportando in luce vecchie divisioni fra Stati che sembravano definitivamente tramontate. Oggi l’Europa viene percepita come un’entità troppo lontana dalla quotidianità dei cittadini, incapace di fornire risposte concrete alle difficoltà che si sono presentate recentemente.
E’ per tale ragione che a distanza di cinquantanove anni da quella storica giornata il cui valore simbolico non va certo dimenticato, non possiamo però non tenere a mente le recenti immagini di sangue e terrore provenienti da Bruxelles, ultimo scenario di una guerra invisibile, che da 12 anni a questa parte, da Madrid passando per Londra fino a Parigi e alla capitale belga, ha seminato vittime innocenti nel nostro continente. Viviamo una situazione di ordinaria emergenza che impone una riflessione seria e non più procrastinabile sulle sfide dell’Unione europea che vogliamo.
Non bastano le riunioni, le manifestazioni di solidarietà, le marce per la pace e gli slanci emotivi che si sono alternati a seguito delle azioni perpetrate negli anni dapprima da AlQaeda e poi dal sedicente Stato Islamico. Occorre ritrovare lo slancio ed il coraggio del dopoguerra ammettendo che gli strumenti politici finora delineati a livello comunitario sono insufficienti per fronteggiare le problematiche attuali dall’immigrazione al terrorismo. Già negli anni 50 il percorso di integrazione allora agli albori rischiò, dopo lo slancio della Dichiarazione Schumann e la stipula dei Trattati di Parigi istitutivi della CECA, di arenarsi a seguito della non ratifica da parte della Francia della Comunità Europea di Difesa, primo audace tentativo di dare una dimensione politica al processo di costruzione europea. E fu proprio il Trattato di Roma e la tenacia negoziale dei grandi Statisti dell’epoca, dopo il fallimento della CED, a riportare l’integrazione su una sfera prettamente economica ricucendo le tensioni e le fratture e conducendo alla firma in Campidoglio che aprì una lunga fase di pace e prosperità nel nostro continente.
Servono coraggio e solidarietà.
Fino ad ora l’incapacità e il timore di federare a livello europeo alcune competenze nazionali e di creare una vera unione politica ha creato disastri economici e drammi umani come la minaccia terroristica, il cui prezzo da pagare sta diventando la vita stessa dei cittadini europei.
E’ il momento di creare una vera intelligence europea e, perché no, un vero esercito europeo, sola soluzione per affrontare una sfida epocale nella maniera corretta.
Abbiamo il dovere morale di non disperdere il patrimonio di valori ed ideali che abbiamo ereditato dai Padri Fondatori; per fare questo è tempo che l’Europa ritrovi la sua capacità di pensare il mondo, riscopra il coraggio delle sue ambizioni e l’orgoglio della sua società aperta.
Ma anche la forza per difenderla.
Aldo Patriciello