di Mariateresa Di Lallo e Tina Piano*
Cercemaggiore è un comune italiano di 3 717 abitanti della provincia di Campobasso.
L’abitato di Cercemaggiore ha origine presumibilmente di epoca longobarda, intorno al IX-X secolo d.C., insieme agli altri villaggi fortificati di Monticelli (Cercepiccola), Quadrano (Gildone), Rocca Quatrani e Caselvatico o Caselvatica, distribuiti a macchia d’olio su quello che era stato l’antico agro del Municipio Romano di Saepinum (od. Altilia, Sepino) e successivamente scomparsi o trasformati in anonime contrade rurali.
L’abitato del paese attuale risale invece all’epoca normanna, quando è documentato per la prima volta con i toponimi Cerce Maioris (1090), Cerche (1098) e Circe Maior (1100), e ancora Cericza (1150-68), per derivazione del latino volgare Cercea da cerro, quercus cerrus, una cupulifera sempreverde (Quercus cerris), o Quercus, ossia quercia, con la specificazione “maggiore” rispetto al vicino abitato di Cercepiccola.
Diverse e note sono le testimonianze dell’attività umana attestate sul territorio già dalla preistoria, con manufatti litici risalenti all’epoca neolitica (alcuni dei quali in deposito presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma).
Di epoca sannitica è, invece, il doppio recinto fortificato di Monte Saraceno (con decreto di vincolo archeologico del 30.06.1978), interessato da alcune campagne di scavo che ne hanno rimesso in luce le due porte principali, poste in corrispondenza di un antico tracciato che attraversa tutta la montagna da ovest a est.
Convento Santa Maria della Libera
L’elemento di maggior rilievo della chiesa è il portale principale a semplice trabeazione, con lunetta sovrastante a piano sesto. Su disegno di Antonio Pierro, nel 1920 la facciata della chiesa venne rielaborata (al posto del rosone in ferro fu applicata una finestra, la cui vetrata ricorda l’episodio del ritrovamento della statua lignea della Vergine della Libera). L’interno è a unica navata rettangolare con cinque campate, dieci cappelle laterali ed un modesto tetto absidale. Di epoca anteriore (sec. XII-XIV) sono i leoni in pietra che si trovano attualmente ai lati dell’altare settecentesco della chiesa. All’interno si conservano sculture, tele ed affreschi di notevole pregio, come la statua lignea raffigurante la Madonna della Libera, scoperta nell’agro da un contadino nel 1412.Trattasi di una delle numerose copie in legno che S. Barbato fece eseguire nel 663 come ex-voto per la liberazione di Benevento dall’assedio di Costanzo. Altra statua presente è quella della Madonna donata da don Antonio Rocco.
Nel convento, importanti sono i due refettori. Nel refettorio minore, sulla parete frontale all’ingresso, c’è l’affresco di “S. Domenico” che moltiplica il pane per i suoi frati; nel refettorio maggiore, un’ampia sala con volta a botte, la parete di fondo è occupata da un enorme affresco con ” l’Ultima Cena”, che reca la data del 1686 e nome dell’autore, Nicola Fenico da Campobasso, che firmò anche una tela, “Madonna fra Santi”, nella chiesa del convento. Tra i dipinti ci sono anche la “Madonna di Costantinopoli”, la “Madonna col Bambino e Santi”, di Pasquale Capua, datata 1612 e la tela di “Pio V in trono in atto di benedire” del 1686. Paolo Saverio Di Zinno fu l’autore della statua lignea di S. Vincenzo Ferrer.
Chiesa Santa Maria della Croce
La chiesa ha origini medievali, e dovette sorgere come cappella di corte del vicino castello. Quasi completamente distrutta dal terremoto del 1456, fu edificata nelle attuali forme e dimensioni nel 1582, a pianta latina a semplice nave con 4 campate, di cui una dotata di due cappelle, un profondo transetto e un coro absidale e tre celle. La chiesa subì un’altra ristrutturazione dopo il terremoto del 1805: a questa si deve l’attuale apparato decorativo e l’interessante soluzione della volta che copre la quarta campata con una curvatura a più centri. Particolare rilievo ha il fronte principale, in pietra calcarea che si conclude con un timpano caratterizzato dal gioco di curve concave e convesse, con torre campanaria a tre ordini. All’interno vi sono tre tele del pittore di Oratino Benedetto Brunetti: la “Madonna di Costantinopoli tra i santi Filippo Neri e Francesco di Paola”, del 1690 ; la “Madonna delle Grazie tra i Santi Michele Arcangelo e Gaetano”, del 1695 e la “Madonna di Loreto con S. Domenico e S. Antonio Abate”, in cui in lontananza si intravede il paesaggio di Cercemaggiore, arroccato sulla falda del monte.
Chiesa di S. Maria al Monte (XII secolo)
Una delle costruzioni più antiche, conserva molto del disegno originario sebbene deturpata e recentemente manomessa da ripetitori fonici e radio-televisivi. La facciata è frutto di una ricostruzione dopo un crollo avvenuto nel 1985; al centro ricomposto con gli elementi originari è il portale gotico a sesto acuto, strombato. L’edificio religioso presenta un impianto rettangolare disposto su tre navate. L’interno frutto di radicali restauri, in luogo delle originarie pareti intonacate e anticamente decorate è oggi spoglio. Costruita sopra un’area di culto, forse frequentata fino all’età repubblicana recentemente è stata oggetto di approfonditi studi[3] che hanno portato alla scoperta di un’epigrafe sannita e di un’altra medioevale, entrambi in stato frammentario, e di un rilievo altomedioevale con due colombe affrontate.
Palazzo baronale
E’ la ricostruzione del vecchio castello longobardo, trasformato nel XVI secolo da Don Diomede Carafa. La struttura si trova in posizione dominante ed è a pianta rettangolare irregolare, circondata ancora dalle mura e dai bastioni del castello. L’ingresso ha un arco con lo stemma nobiliare, che immette in un chiostro.
Celebrazione della Madonna della Libera 2 luglio
La Madonna della Libera apparve il 2 luglio 663 a Benevento e liberò, appunto, la città dall’assedio dell’imperatore bizantino Costante II. La Madonna apparve con la croce impressa sul palmo della mano: caratteristica che divenne il segno distintivo della Madonna della Libera ricorrente in ogni sua raffigurazione.
Molto sentita a Cercemaggiore è questa celebrazione il 2 luglio di ogni anno. La storia della Madonna della Libera di Cercemaggiore risale al 1412, anno nel quale la tradizione orale e scritta colloca il miracoloso ritrovamento di una statuetta lignea mariana in agro di Cercemaggiore. Un contadino, intento ad arare in un campo, avrebbe urtato contro uno ziro (grande vaso di terracotta), scoprendone all’interno la statua della Madonna orante. Un primo miracolo della sacra effige che si racconta è quello di un’acqua prodigiosa che, zampillando dal terreno, avrebbe guarito da ogni sorta di male coloro che se ne bagnavano
L’interramento della scultura pare sia stato per necessità di sottrarla al pericolo di distruzione derivante da un’invasione di “feroci e terribili iconoclasti” .
Il rinvenimento della statua portò all’edificazione intorno al 1414 di una primitiva cappella, andata poi distrutta nel terremoto del 5 dicembre 1456. In seguito nello stesso luogo, i feudatari Alberico Carafa e Giovannella di Molise nel 1489, avviarono la fondazione di un grandioso complesso conventuale affidato ai Padri Domenicani, provenienti da Napoli e sopraggiunti a Cercemaggiore già nel 1478 su invito dello stesso Conte Carafa. Nella chiesa conventuale è ancora oggi custodita la statua lignea mariana, venerata sotto il titolo della Madonna della Libera.
Nell’ottobre 2017 il convento cercese, lasciato dai padri domenicani, è divenuto dimora dei frati della Comunità “Maria Stella dell’Evangelizzazione”.
Il segno delle mani elevate
Il segno delle mani elevate è un gesto assai significativo, che troviamo frequentemente nei racconti biblici. Venne usato da Mosè sul monte e dagli Ebrei quando pregavano. Indubbiamente anche Gesù pregava così e così pregavano i Cristiani nei primi secoli. Prevalse poi il segno delle mani giunte, parimenti bello ed efficace, per l’influsso delle Religioni orientali. ma il Sacerdote continuò a pregare con le mani elevate, specialmente durante la celebrazione eucaristica. In varie parti del mondo tuttora i fedeli innalzano a Dio la preghiera, in privato e in pubblico, con le mani elevate. L’alzare le braccia verso il cielo, quando si parla con Dio,è un gesto naturale, direi, istintivo:
-è un arrendersi a Dio, quando si è consci di essere peccatori e s’invoca la misericordia divina;
-è uno slanciarsi verso il Padre quando si gioisce di sentirsi suoi figli;
-è un aprirsi nell’amore a tutti i fratelli e a tutte le creature, che vivono e si incontrano nel cuore del Padre di tutti;
-è un offrire se stessi a Dio, quando il cuore, commosso, innalza a Lui i sentimenti irrompenti di adorazione, di lode, e di ringraziamento;
-è un implorare lo Spirito divino, mentre si esprime l’anelito verso i beni eterni;
-è un impennare le ali dell’anima e del corpo per staccarsi da tutto ciò che è terreno e deteriore nel mondo e lanciarsi verso il Cielo, nostra eterna dimora col Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Corrado Card. Ursi
VIDEO Processione Madonna della Libera
VIDEO Fuochi d’Artificio
*Di Lallo -giornalista, ricercatrice ed esperta di tradizioni popolari del Molise
*Piano -ideatrice del progetto e marketing -Terminus