Dai ponti non ristrutturati perché la Provincia aveva finito i suoi soldi agli stanziamenti deviati per altri scopi. Ecco come si sprecano le risorse destinate a evitare stragi
inviati DARIO DEL PORTO e FABIO TONACCI www.repubblica.it
Due terremoti, quello dell’Umbria nel 1997 e quello dell’Aquila nel 2009, hanno fatto piovere sul territorio della provincia di Rieti 84 milioni di euro di fondi per la ricostruzione. Negli anni se ne sono aggiunti altri, di milioni. Della Regione, dello Stato, della Chiesa. Sette giorni fa, però, un altro sisma ha sollevato una verità che era sotto gli occhi di tutti: parte di quel denaro non è stato ancora speso, o è stato speso male, o, ancora, non è stato utilizzato per rendere gli edifici sicuri. E le rovine di Amatrice e Accumoli sono lì a testimoniarlo.
Sei ponti in cerca di autore. Prendiamo i ponti. Due fondamentali vie di accesso ad Amatrice, la strada provinciale 20 e la statale 260, sono interrotte dal 24 agosto perché si sono danneggiati i ponti “Rosa” e quello di “Tre Occhi”. Che ne è dei 611.000 euro che la Regione ha erogato nel 2014 “per interventi di mitigazione del rischio sismico” di sei ponti tra cui il “Rosa”? Rimasti nel cassetto. La provincia di Rieti non ha più un soldo in bilancio, e non riesce a trovare i 175mila euro della sua quota parte dell’intervento progettato. Dunque non può utilizzare i 611mila della Regione perché non ha i suoi 175mila da spendere. Il presidente della giunta Giuseppe Rinaldi, temendo di perdere i fondi, è stato costretto a inviare una lettera alla direzione regionale, nella quale spiega che “l’amministrazione intende confermare il proprio impegno al cofinanziamento”, ma che per farlo dovrà “alienare immobili”. Insomma, per aggiustare un ponte coi fondi del terremoto la provincia di Rieti si deve vendere un palazzo.
Il campanile killer. Dopo il sisma del 1997, il Genio civile individuò sul territorio reatino 300 interventi di ricostruzione e miglioramento sismico per un totale di 79 milioni di euro messi a disposizione dallo Stato. Tra Accumoli e Amatrice c’erano 11 immobili e 10 chiese da sistemare. Prendiamone una diventata tragicamente famosa: il complesso parrocchiale San Pietro e Lorenzo ad Accumoli. È la chiesa con accanto un campanile costruito sopra il tetto di una casa: la notte del 24 agosto, quella torre campanaria di sassi, crollando, ha ucciso la famiglia Tuccio che abitava lì sotto, padre, madre e due bambini.
Una grossa fetta dei fondi per gli edifici religiosi è stata gestita direttamente dalla Curia di Rieti, attraverso un ufficio tecnico creato ad hoc presso la diocesi, che ha predisposto le gare di affidamento. Il geometra che ha seguito tutte le pratiche si chiama Mario Buzzi, e adesso è in pensione. “Per il campanile non c’è stato mai alcun finanziamento specifico né alcun lavoro di ristrutturazione”, spiega a Repubblica . Aggiungendo: “Non è vero che sono stati dirottati soldi per il miglioramento sismico dal campanile alla chiesa”.
La chiesa di Accumoli. E però nella lista delle opere finanziate del post-sisma 97 il nome della chiesa di San Pietro e Lorenzo, c’è. “Intervento sul complesso parrocchiale da 116mila euro”. Si tratta del rifacimento del tetto di 200 mq della chiesa accanto al campanile, la cui gara d’appalto è stata vinta nel 2008 dalla Steta di Stefano Cricchi, uno dei figli di Carlo Cricchi, l’imprenditore reatino che si è aggiudicato commesse anche a L’Aquila. Per i lavori in Abruzzo, l’altro figlio, architetto, è sotto inchiesta per tangenti. “Chiariremo tutto, la nostra azienda non c’entra”. Oggi Cricchi senior, cavaliere del lavoro, ha di che lamentarsi: “Noi non abbiamo fatto niente su quel campanile”. Seduto al tavolo nel salotto della sua ditta, mostra disegni e capitolati. “Ci arrivano minacce di morte su Facebook e via mail perché tutti ormai credono che siamo stati noi a ristrutturarlo, ma non è vero”. L’appalto per “riparazione e miglioramento sismico” della chiesa valeva 75mila euro (il resto, 41 mila euro, era per la progettazione). Steta lo vince con un ribasso del 16 per cento, dunque 59mila euro. Nel capitolato si scopre una cifra sorprendente: “Per il miglioramento antisismico c’erano appena 509 euro”, spiega Cricchi. “Il progetto imponeva di inserire nella muratura 33 euro di ferro, praticamente una sola barra, e di fare alcuni fori da riempire non con il cemento, ma con la calce”.
Il grande equivoco. Eccolo il grande equivoco della ricostruzione dopo ogni disastro. La confusione tra il “miglioramento sismico” (piccoli interventi che non modificano sostanzialmente la stabilità dell’immobile) e l'”adeguamento”, molto più costoso. Quasi tutto ciò che è stato fatto coi fondi dei terremoti, per forza maggiore scarsi e non sufficienti a coprire ogni spesa possibile, è miglioramento: i 200mila euro investiti nella scuola Capranica, in parte crollata; i 250mila euro messi nella Chiesa Santa Maria Liberatrice, inagibile; i 400mila del Teatro all’inizio del corso principale di Amatrice, distrutto; i 90mila della Torre Civica di Accumoli, lesionata; i 260mila euro della Chiesa di Sant’Angelo, venuta giù due settimane dopo l’inaugurazione.