I grandi giornali finanziari internazionali guardano con preoccupazione all’esito della consultazione del 4 dicembre
MONICA RUBINO www.repubblica.it
Lo dicono gli esperti di Bloomberg e lo sottolinea il giapponese Norihiro Fujito, senior investment strategist presso Mitsubishi UFJ Morgan Stanley Securities: il referendum costituzionale italiano del 4 dicembre, accanto al prossimo vertice Opec (i Paesi produttori di petrolio), sarà uno degli snodi fondamentali per capire l’umore dei mercati internazionali nei prossimi mesi. Nonostante un po’ di tensione, secondo l’agenzia finanziaria Usa un’eventuale sconfitta del governo Renzi non sarà un evento catastrofico per la tenuta del Paese.
L’apocalisse europea secondo il Financial Times. Diverso, e ben più apocalittico, è invece lo scenario tratteggiato da Wolfgang Munchau, condirettore del Financial Times ed esperto di Unione Europea, in caso di vittoria del No: populismi che trionfano in tutta Europa, guidati dalla vittoria di Donald Trump e dalla Brexit, e l’euro che si sfalda, con l’Italia in prima fila tra le nazioni che abbandoneranno la moneta unica. La vittoria del populismo in Europa, con i primi segnali dati dalla Brexit (il referendum del 23 giugno scorso che ha sancito l’uscita di Londra dall’Ue) e negli Usa la vittoria di Donald Trump sono indice del probabile “ritorno della crisi dell’Eurozona”. Crisi che potrebbe essere accelerata “se il primo ministro italiano Matteo Renzi perderà il suo referendum costituzionale il 4 dicembre” scrive Munchau, “a quel punto si innescherebbe una serie di eventi che solleverebbero dubbi sulla permanenza dell’Italia nell’Eurozona” ma anche, eventualità più remota, che potrebbero portare al collasso dell’euro tout court.
Europa disintegrata e Italia fuori dall’euro. Per Munchau il “5 dicembre l’Europa potrebbe svegliarsi con l’immediata minaccia della disintegrazione”. Tornando alla serie di eventi all’origine della catastrofe europea, Muchau ritiene che le cause non siano non solo nel referendum italiano in sé, ma nei problemi strutturali dell’economia italiana: “Da quando l’Italia nel 1999 è entrata nell’euro la sua produttività totale è stata di circa il 5% dove Germania e Francia hanno superato il 10%”. Sarebbe inoltre fallimentare il tentativo di costruire un’unione economica e bancaria efficiente dopo la crisi dell’eurozona del 2010-2012 basata solo sull’austerity, scelta attribuibile secondo Munchau al cancelliere tedesco Angela Merkel. “La combinazione di questi due fattori sono la più grande causa dell’esponenziale crescita del populismo in Europa” che per Munchau ha in Italia tre partiti ora d’opposizione, tutti a favore, seppur in modo diverso, dell’uscita dall’euro: i Cinque Stelle, Forza Italia e Lega.
Per Muchau accanto all’esito del referendum italiano bisogna prendere in considerazione l’altro possibile grande elemento destabilizzante: la probabilità della vittoria alle elezioni presidenziali francesi di Marine Le Pen. E se dovesse vincere, “la signora Le Pen ha promesso un referendum sul futuro della Francia nell’Ue. Se questo dovesse portare alla ‘Frexit’ (l’uscita dall’Ue di Parigi come la Brexit), l’Unione europea sarebbe finita il giorno dopo e così l’euro”.
La ricetta del Ft. Questa serie di eventi potrebbe essere prevenuta solo “se fossero adottate immediatamente una serie di decisioni e nella giusta sequenza. Per prima cosa Merkel dovrebbe accettare ciò che ha finora rifiutato: una road map verso una piena unione fiscale e politica”, aggiunge il condirettore del Financial Times. Dovrebbe anche essere rafforzato “l’European Stability Mechanism”, il sistema di salvataggio dei Paesi dell’eurozona che non è progettato per salvare Paesi delle dimensioni di Italia e Francia. In ogni caso per Munchau la previsione più concreta “resta non un collasso dell’Ue o dell’euro ma un’uscita di uno o più Paesi, verosimilmente l’Italia, ma non la Francia”.