PENSIONI, ECCO LA SOLUZIONE DEL GOVERNO DOPO LA CONSULTA: RIMBORSI GRADUALI E A RATE

Pochi giorni per decidere. All’inizio della prossima settimana, lunedì o al massimo martedì, il governo dovrà scoprire le carte e far sapere almeno per grandi linee come intende rivedere il meccanismo della perequazione delle pensioni dopo la sentenza della Corte costituzionale.

A premere è l’Unione europea, che si prepara a presentare le sue specific recommendations per il nostro Paese ed in quella sede terrà conto anche del nuovo quadro di finanza pubblica che si è determinato. Sarà quindi un fine settimana denso di simulazioni finanziarie ma anche di valutazioni politiche, visto che la scelta è delicata e piena di implicazioni in una fase pre-elettorale. IL COMMA 25
Il nodo è sempre lo stesso: come rispettare le indicazioni dei giudici costituzionali limitando però i danni per la finanza pubblica. Si parte dalla quantificazione dei minori risparmi per il bilancio dello Stato, operazione che già da sola presenta alcuni margini di incertezza. Tra l’altro, il dispositivo della sentenza prevede l’incostituzionaltà – e quindi l’abrogazione – di una parte del comma 25 del decreto salva-Italia, quello che appunto concede la rivalutazione solo ai trattamenti fino a 1.405 euro lordi al mese. Ma a quanto pare non interviene sull’ultimo periodo dello stesso comma, che abrogava la più blanda stretta sulle rivalutazione già introdotta nel luglio 2011 dal governo Berlusconi. Vuol dire che si tornerebbe non a quello schema, con rivalutazione piena o quasi solo per i trattamenti fino a cinque volte il minimo, ma alla norma generale che la applica per fasce di reddito e con poche limitazioni, garantendo il 75 per cento dell’inflazione anche oltre quella soglia. Sulla carta, questo comporta la rinuncia ad ulteriori 680 milioni l’anno. RESTITUZIONE A RATE
Tra le opzioni da valutare c’è anche quella relativa alla modalità di restituzione degli arretrati, che avverrà a rate (si studia anche l’erogazione tramite titoli di Stato) in modo da gravare il meno possibile sui conti di competenza di quest’anno. La decisione però è anche politica. In questo momento l’esecutivo è sotto la pressione dei sindacati, che chiedono l’applicazione integrale delle norme ripristinate dalla Consulta ed anche dell’opposizione (il segretario della Lega Salvini ha reiterato la minaccia di occupare il ministero, dando tempo fino a martedì). È chiaro che è impensabile concedere la rivalutazione a tutti, ma si vuole anche evitare di stabilire una soglia – magari a 2.300-2.400 euro al mese – che appaia come spartiacque tra le pensioni normali e quelle alte. L’idea è allora introdurre un meccanismo più graduale, che riconosca una piccola quota di rivalutazione, decrescente, anche ai trattamenti relativamente più elevati. Bisogna farlo però in modo da salvare comunque gli equilibri di bilancio: per questo si sta valutando se prevedere percentuali che operino su tutto il reddito (come accade per la rivalutazione in vigore dal 2014) oppure tornare al meccanismo delle fasce di reddito, a cui ha fatto riferimento la stessa Consulta nella sentenza.

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