Ong, l’ammiraglio della Guardia costiera “assolve” tutti

Davanti alla Commissione Schengen questa mattina il comandante generale delle Capitanerie di Porto Vincenzo Melone: “Chiunque abbia notizia di una situazione di pericolo ha l’obbligo di prestare soccorso e di condurre le persone salvate nel porto più sicuro. Da soli non ce la facciamo, le organizzazioni umanitarie ci aiutano”
ALESSANDRA ZINITI www.repubblica.it

I soccorsi ai migranti, anche in acque territoriali libiche, anche in assenza di una richiesta di soccorso, sono un obbligo per chiunque venga a conoscenza di una situazione di pericolo. Il comandante generale delle Capitanerie di Porto, l’ammiraglio Vincenzo Melone, taglia la testa al toro. “La Libia non ha mai dichiarato l’area Sar, quando finisce l’area di responsabilità italiana c’è solo un enorme buco nero. E chi ha la responsabilità di intervenire? Chiunque abbia notizia di una situazione di pericolo ha l’obbligo di prestare soccorso e di condurre le persone salvate nel porto più sicuro. Un obbligo che ha qualsiasi comandante di qualsiasi nave. Ecco allora che l’area Sar di competenza italiana si amplia dai 500 mila chilometri quadrati previsti dagli accordi a un milione e centomila chilometro quadrati, praticamente la metà del Mediterraneo. È ovvio che da sole le unità navali a nostra disposizione non ce la fanno e dunque dobbiamo chiamare a raccolta chiunque navighi in vicinanza di un evento Sar, mercantili e navi delle Ong. Voglio aggiungere che gli scopi sociali di chi mette in mare una nave in quell’area sono del tutto ininfluenti in uno scenario di soccorso”.
( …) il comandante della Guardia costiera conferma quanto dichiarato dai rappresentanti delle Ong e rivendica la responsabilità del coordinamento dei soccorsi, dunque anche dell’intervento delle unità navali delle organizzazioni umanitarie. E spiega che, in base alla convenzione dei diritti dell’uomo, è sancito il diritto al non respingimento e ad assicurare lo sbarco delle persone in un luogo sicuro che non metta a rischio la loro tutela fisica e assicuri loro il diritto a poter chiedere la protezione civile. Ecco perché tutti i migranti che vengono soccorsi nel Canale di Sicilia non vengono portati in Libia o in Tunisia, porti più vicini, ma sbarcati sempre in territorio italiano, vista l’assenza di accordi bilaterali con Malta, “con cui – ha sottolineato l’ammiraglio Melone – non si è mai riusciti ad addivenire a un accordo”.
Il comandante della Guardia costiera ha quindi escluso che l’avanzamento del dispositivo di soccorso in prossimità delle acque territoriali libiche possa costituire un fattore di attrazione per i trafficanti e ha concluso così: “L’area di soccorso e ricerca non è la causa di questo evento epocale né può essere la soluzione che deve essere politica. La gestione dei soccorsi in mare è sintomo di una malattia che nasce e si sviluppa altrove, sulla terraferma, ed è li che bisogna intervenire”.

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