Mediaset-Vivendi: “In gioco tutta l’azienda Italia”. Gentiloni, “Scalata ostile”

Il retroscena. Il neo premier contattato da Confalonieri. Palazzo Chigi preoccupato per il futuro di Mediobanca, Generali e Unicredit. L’idea di scorporare la rete Telecom

di CARMELO LOPAPA www.repubblica.it

Passare per il governo che ha spianato le porte alla colonizzazione finanziaria del Paese è il primo grande spettro che si impadronisce di Palazzo Chigi, nelle stesse ore in cui il Senato concede la fiducia e Paolo Gentiloni inizia la sua complicata navigazione. La scalata di Vivendi a Mediaset, il blitz che porta le azioni in mano al Bretone al 20 per cento spiazzano e scuotono il neo presidente del Consiglio che già dovrà correre ai ripari nella trincea Mps. Non c’è un istante da perdere. “Qui non è in gioco solo l’azienda di Berlusconi, la partita è molto più grossa e non possiamo stare a guardare” è il monito che il premier fa proprio e rivolge ai suoi ministri. Parte subito un giro vorticoso di telefonate ai massimi livelli istituzionali, lo scenario viene considerato tra i più cupi per un Paese già considerato fragile dagli investitori internazionali e da Bruxelles.

È il messaggio che rimbalza da Milano a preoccupare la Presidenza del Consiglio e il ministero dello Sviluppo economico in prima battuta, perché in gioco non c’è solo la messa in sicurezza di una grande azienda che già nel 1998 l’allora premier Massimo D’Alema aveva definito “patrimonio del Paese”. Ma la sospetta coincidenza temporale: l’arrembaggio del colosso francese viene condotto appena pochi giorni dopo la chiusura dell’esperienza Renzi, un governo considerato forte e stabile in tutte le cancellerie e sui mercati. E quando la crisi politica italiana si conclude comunque con la nascita di un nuovo governo, che certo non vuole apparire all’esterno debole e aggirabile. Tanto più che il sospetto, il timore è che l’assalto a Mediaset non sia l’unico in cantiere oltre confine.

Ecco allora che quando i mercati sono chiusi da un’ora, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda interviene per piantare dei paletti, pur premettendo “l’assoluto rispetto del governo per le regole di mercato”. Quello in atto, viene sottolineato, appare “un tentativo, del tutto inaspettato, di scalata ostile a uno dei più grandi gruppi mediatici italiani” e non è “il modo più appropriato di procedere per rafforzare la propria presenza in Italia”. Ed è il motivo per il quale “il governo – avverte il ministro competente in materia – monitorerà con attenzione l’evolversi della situazione”. Ma cosa potrà fare in concreto l’esecutivo in un regime di libero mercato, di fronte a un’operazione di Borsa, sebbene pianificata come un assalto in stile raider? Poco, nulla, temono i vertici Mediaset, così almeno ha smorzato gli entusiasmi l’avvocato Niccolò Ghedini durante il grande vertice di famiglia con il patron Berlusconi, i figli e il presidente Confalonieri ad Arcore. E invece non solo Palazzo Chigi ma lo stesso Pd entra in campo per fare quadrato. Saranno studiate “azioni per mettere in sicurezza Mediaset”, conferma il vicesegretario di Renzi, Lorenzo Guerini: anche lui parla di “un patrimonio di questo Paese” da tutelare di fronte a una scalata “molto ostile”.

Paolo Gentiloni poco prima di volare a Bruxeles per il suo primo Consiglio europeo da premier viene contattato da Fedele Confalonieri. Col presidente Mediaset il rapporto ha radici nel tempo. Ma le rassicurazioni hanno solo in parte rasserenato il clima a Villa San Martino. Berlusconi ordina ai suoi figli di fare quadrato e tenersi forti, forti del fatto che per andare oltre e completare l’Opa Bolloré dovrebbe mettere nel carrello anche le Torri e Telecinco: almeno altri due miliardi oltre i 4,3 di valore Mediaset.

Palazzo Chigi teme questo e altro. Ovvero che ad essere scalate in futuro siano anche Mediobanca, Unicredit e Generali. Altra storia Telecom. L’ex premier Renzi ha scommesso tutto sulla fibra ottica, ma la gran parte delle comunicazioni – anche le più delicate, quelle della Difesa – viaggiano ancora sulla linea telefonica di rame nelle disponibilità della società. Il governo potrebbe scorporarla, renderla “strategica” per gli interessi nazionali e sperare di smorzare così le mire di Vincent Bollorè (che già controlla Telecom col 24,5 per cento). Un intervento simile ma di altra natura – per esempio sulla tassazione – potrebbe essere una via allo studio per proteggere Mediaset. A Cologno Monzese sanno che sarà difficile nuotare ancora da soli in una piscina di squali. Il competitor dei francesi è l’altro colosso Sky, gli approcci con Rupert Mardoch per Mediaset Premium non sono mancati. Il fatto è che il magnate australiano stia chiudendo importanti accordi proprio col “nemico” Bolloré in Francia.

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