Marò, udienza all’Aja. Italia: “Girone non può essere usato come garanzia”

Il fuciliere italiano è trattenuto in India dal febbraio 2012 con l’accusa di aver ucciso, insieme a Latorre, alcuni pescatori. L’ambasciatore Azzarello: “Rischia di essere detenuto a Delhi senza alcun capo d’accusa per altri quattro anni” www.repubblica.it

Si è aperta all’Aja la prima giornata di udienza davanti al Tribunale arbitrale internazionale sulla richiesta italiana di far rientrare in patria il marò Salvatore Girone, tuttora trattenuto in India, per tutta la durata del procedimento arbitrale sulla giurisdizione della vicenda che vede lo stesso Girone e Massimiliano Latorre accusati di aver ucciso due pescatori indiani al largo del Kerala, il 15 febbraio 2012.
Italia: “Rischia detenzione ingiusta per altri 4 anni”. L’udienza è stata aperta dal presidente del Tribunale arbitrale, il russo Vladimir Golitsyn. Per l’Italia ha preso la parola l’ambasciatore Francesco Azzarello, che si dice ottimista sulla decisione del Tribunale: “Non si tratta di essere ottimismi o pessimisti, ma ovviamente l’Italia nutre speranze, basate su solide motivazioni giuridiche e umanitarie, altrimenti non sarebbe venuta. Sarà poi il Tribunale arbitrale a decidere a favore o contro la richiesta italiana e in quali termini”.
Nel suo intervento, l’ambasciatore ha detto che, considerato che il procedimento arbitrale sul caso marò “potrebbe durare almeno tre o quattro anni”, Salvatore Girone rischia di rimanere “detenuto a Delhi, senza alcun capo d’accusa per un totale di sette-otto anni”, determinando una “grave violazione dei suoi diritti umani”. Per questo il fuciliere “deve essere autorizzato a tornare a casa fino alla decisione finale” dell’arbitrato, ha spiegato Azzarello, agente del governo italiano. In effetti, i tempi dell’arbitrato vero e proprio sono lunghi: la Corte ha dato a Italia e India almeno fino a a febbraio 2018 per la presentazione di memorie e controdeduzioni.
Usato come garanzia. Per Azzarello, l’unica ragione per cui il sergente Girone non è autorizzato a lasciare l’India “è perché rappresenta una garanzia che l’Italia lo farà tornare a Delhi per un eventuale futuro processo. Ma un essere umano non può essere usato come garanzia per la condotta di uno Stato”. “L’Italia ha già preso, e intende ribadirlo nel modo più solenne, l’impegno di rispettare qualsiasi decisione di questo Tribunale”, ha aggiunto Azzarello, compresa quella di “riportare Girone in India” nel caso in cui l’arbitrato dovesse riconoscere alla fine del procedimento la giurisdizione indiana. Che l’India abbia bisogno di garanzie è convinto anche Sir Daniel Bethlehem, membro del team legale italiano davanti al Tribunale arbitrale all’Aja: “L’Italia riconosce la necessità dell’India di avere garanzie” che Salvatore Girone ritorni in India, qualora il Tribunale arbitrale riconoscesse la giurisdizione indiana sul caso dei marò. E per questo invita il Tribunale a considerare di imporre “condizioni” per il suo rientro in patria, come quella di “consegnare il suo passaporto alle autorità italiane, di non viaggiare all’estero senza un permesso specifico e di riferire periodicamente alle autorità designate in Italia per tutto il periodo in questione”, cioè fino alla fine dell’arbitrato.

Lesi anche i diritti dell’Italia. Nelle sue motivazioni, Azzarello ha insistito sul fatto Girone “è costretto a vivere a migliaia di chilometri dalla sua famiglia, con due figli ancora piccoli, privato della sua libertà e dei suoi diritti. Il danno ai suoi diritti riguarda l’Italia, che subisce un pregiudizio grave e irreversibile dal protrarsi della sua detenzione, e dell’esercizio della giurisdizione su un organo dello Stato italiano”.

Commenti Facebook