Il Belpaese resta in coda alla classifica della crescita europea www.repubblica.it
Crescita 2017 invariata al +1,5%, ma per quest’anno il Pil viene rivisto leggermente al rialzo: dall’1,3% previsto a novembre si sale a 1,5%. Sono le stime della Commissione europea nelle previsioni economiche intermedie, nelle quali si annota: “Sebbene la ripresa in Italia sta diventando più autosostenuta, le prospettive di crescita restano moderate, dato il limitato potenziale di crescita dell’economia italiana”. I rischi al ribasso sono “largamente connessi all’ancora fragile stato del settore bancario italiano”, ma ci sono anche possibilità che – nel breve termine – la crescita possa sorprendere al rialzo.
In riferimento al recupero dello scorso anno, gli economisti europei individuano nella domanda domestica il motore della crescita, con i consumi delle famiglie supportati dal miglioramento occupazionale e dalla ripresa degli indici di fiducia. Anche gli investimenti hanno reagito bene alle condizioni favorevoli sul fronte del credito e agli sgravi fiscali, associati a un aumento dell’export di beni e servizi. Per quest’anno, ci sono segnali positivi dalla leggera crescita dei salari. Una volta chiuso l’output gap, tornerà a farsi sentire la storica scarsa potenzialità di crescita italiana e per il 2019 la previsione di crescita scende all’1,2%. Con l’1,5% di aumento di Pil nel 2018 e l’1,2% nel 2019, l’Italia è poi l’ultimo paese della zona euro in termini di crescita. L’inflazione, per quell’anno, è attesa in crescita all’1,5%.
Come ricostruisce Repubblica in edicola, anticipando la stima Ue si rimarca che lo snodo odierno non risolve il problema di una possibile manovra aggiuntiva a primavera. Il fatto che l’Italia vada al voto il 4 marzo, però, suggerisce cautela a Bruxelles. L’Italia nel 2018 dovrebbe correggere il deficit per 0,3 punti di Pil, cinque miliardi sui quali pesa già uno sconto imposto da Moscovici. Ma l’ultima finanziaria, secondo i conti europei, vale soltanto uno 0,1% di correzione e si apre quindi un ammanco di circa 3,5 miliardi, cui aggiungere un altro miliardo e mezzo a valere sul 2017. Tutti rilievi che l’Europa potrebbe fare notare con una certa calma a un governo di coalizione centrista, che manifesti fin da subito la volontà di non attivare bracci di ferro con le istitutizioni comunitarie. Bruxelles potrebbe invece far salire il conto e brandire fin da subito le armi delle procedure di infrazione di fronte a un governo antieuropeista.