“Il killer aveva complici e non ha agito da martire”. Il selfie prima del massacro
dall’ inviato CARLO BONINI www.repubblica.it
La storia della strage del 14 luglio va riscritta. Ne va certamente riavvolto il nastro. Perché troppe cose cominciano a non tornare. Perché, per dirla con una qualificata fonte dell’Intelligence francese, “più l’inchiesta va avanti, più è ragionevole ipotizzare che Mohamed Lahouaiej Bouhlel non sia il solo protagonista di questa vicenda. Che fosse parte di un piano in cui qualcosa non è andata per il verso giusto. O comunque non come era stato fatto credere a Mohamed che dovesse andare. Sicuramente, il comportamento di Mohamed prima e durante la strage non è stato quello di un martire. Sicuramente nella corsa di quel tir sulla Promenade des Anglais c’è qualcosa che non torna. Una cosa è certa: le persone con cui è stato in contatto possono avvicinarci alla verità”. Sette di loro sono in stato di fermo. Sei uomini e una donna, tutti figli di un milieu di piccola criminalità locale che Mohamed aveva preso a frequentare e sensibile alle sirene dell’Is. Tra questi, una coppia di albanesi trattenuta da ieri negli uffici della polizia, che avrebbe fornito a Mohamed la calibro 7.65 con cui ha fatto fuoco dalla cabina di guida del camion prima di essere abbattuto dai colpi della polizia. Vedremo nelle prossime ore se saranno rilasciate o meno (come è accaduto per la ex moglie). Vedremo, soprattutto, se saranno in grado di sciogliere i nodi che non tornano di questa storia. Che non sono pochi.
UN MARTIRE “INCONGRUO”. Al netto della significativa assenza di un qualsivoglia testamento, privato piuttosto che religioso, e dei ricordi di vicini di casa o degli habitué della palestra che frequentava (che parlano di un uomo perso dietro ogni femmina che incrociava e bottiglia che svuotava), c’è una testimonianza che rende faticoso credere che Mohamed si stesse preparando a morire. Quella del fratello Jabeur. Rintracciato a Tunisi dall’agenzia di stampa Reuters, dice: “Sentivo spesso Mohamed al telefono. L’ultima volta è stata il pomeriggio di giovedì 14 luglio. Mi disse che era a Nizza per celebrare con i suoi amici europei la festa nazionale francese. Sembrava molto felice, contento. Non faceva che ridere. Mi mandò anche delle foto dal suo cellulare in cui si vedeva lui nella folla” . Jabeur aggiunge dell’altro: “Negli ultimi tempi non faceva che chiedermi dei nostri genitori. Mi aveva detto che sarebbe tornato presto a vivere a Msaken. E aveva anche cominciato a spedire telefoni cellulari e del denaro. Piccole somme. Trecento, quattrocento euro alla volta”. Non a quanto pare, dunque, la “fortuna” di cui hanno scritto alcuni quotidiani inglesi (100 mila euro). In ogni caso del denaro. Messo insieme chi sa come, o dato da chi. Forse prelevato dal conto in banca a Nizza, che aveva recentemente chiuso, o frutto della vendita della sua macchina, di cui si era liberato. È un fatto che, quel 14 luglio, Mohamed torni a ripetere al fratello che ha intenzione di lasciare Nizza in tempi brevi. È un fatto che, a poche ore dalla notte in cui avrebbe deciso di immolarsi, si mostri per una volta sereno. Si dirà che è sempre impossibile decifrare con gli strumenti della logica l’emotività erratica di chi sta per farla finita. Tuttavia, sempre quel 14 luglio, c’è un altro gesto di Mohamed quantomeno incongruo per chi si prepara a morire. Per raggiungere il Tir con cui percorrerà dopo le 22.30 i 2 chilometri della Promenade usa una bicicletta che, curiosamente, non abbandona, ma carica diligentemente nel cassone del camion. Come se a un certo punto di quella notte gli dovesse servire. Come se ci debba essere un dopo, appunto.
UN SOPRALLUOGO ILLOGICO. Anche il 12 e 13 luglio Mohamed fa qualcosa di incomprensibile. Ripete in due giorni diversi un sopralluogo della Promenade des Anglais. Per giunta, e come mostrano i nastri delle telecamere di sorveglianza acquisite dall’inchiesta, a bordo del Tir bianco da 19 tonnellate che ha noleggiato il 4 luglio e ritirato l’11. Perché? Per quale diavolo di motivo un uomo che vive a Nizza e che conosce la Promenade come le sue tasche dovrebbe, per ben due volte, percorrere una strada dritta come un fuso su cui, di lì a meno di 48 ore, dovrà immolarsi dopo aver fatto strage di innocenti? Cosa dovrebbe verificare? C’è una sola plausibile risposta. Mohamed percorre quella strada perché, evidentemente, esiste un piano per la notte del 14 che richiede che vadano mandate a memoria distanze, incroci, palazzi. E quel piano difficilmente può essere una corsa a 90 chilometri orari prima di essere abbattuto. Perché per quella, va da sé, non sono necessari sopralluoghi.