Dalla Libia e dalla Siria il greggio di contrabbando viene portato nelle raffinerie della Penisola e rivenduto triplicando il prezzo. E nell’affare spunta l’ombra della mafia
di GIULIANO FOSCHINI e FABIO TONACCI www.repubblica.it
IL CAROSELLO A LARGO DI MALTA
Una prima risposta si trova a sessanta miglia a sud di Malta. In quel tratto di acque internazionali può capitare che le petroliere provenienti dalla Turchia e dalla Russia, e le bettoline cisterna salpate di nascosto dalla Libia, spariscano per qualche ora. Come risucchiate in un triangolo delle Bermuda al centro del Mediterraneo. In realtà si mettono d’accordo per spegnere i transponder di bordo che le rendono tracciabili, poi le bettoline si accostano e travasano il greggio clandestino sulle grosse cisterne. Finita l’operazione al buio, si allontanano e a distanza di sicurezza riaccendono il satellitare. Riappaiono sul monitor quando stanno già tornando in Libia, e la nave madre prosegue sulla rotta verso i porti della Sicilia, del centro-nord Italia, di Marsiglia.
Questo sistema è oggetto di una grossa indagine della Finanza coordinata da una procura siciliana: sono state individuate società di brokeraggio italiane e maltesi che, pur essendo nate da poco, già fatturano milioni di euro organizzando la logistica del trasporto e vendendo il greggio libico e arabo alle grandi compagnie mondiali. Sono gli intermediari e, secondo gli investigatori, si occupano di ripulire tutta la filiera del contrabbando, attraverso documenti di viaggio falsificati. I finanzieri hanno prelevato campioni dai depositi di alcune raffinerie italiane, scoprendo che contenavano petrolio estratto in Libia e in Siria in quantità superiore rispetto a quanto attestavano i documenti di carico. Sull’origine di quel prodotto clandestino, però, nessuno si sbilancia veramente. “Non sappiamo se dietro c’è l’Isis o ci sono altri trafficanti non fondamentalisti, perché le tracce si perdono a causa agli intermediari fasulli” dice una fonte vicina all’inchiesta. “Di certo quel petrolio non doveva essere lì”.
IL NORDAFRICA E LA VIA TURCA
Secondo alcuni analisti internazionali, in Libia la causa principale dell’instabilità politica ruota attorno alla guerra del petrolio. La questione sta a cuore sia al governo di Serraj riconosciuto dalle Nazioni Unite, sia a quello del generale Haftar, essendo l’esportazione di greggio l’unica vera risorsa nazionale, e solo grazie a essa ancora riescono a pagare regolarmente gli stipendi dei dipendenti pubblici. Il furto di carburante, però, è diventato una prassi che ha causato un danno enorme, stimato dal procuratore nazionale libico in “tre miliardi e mezzo di euro sottratti alle casse dello Stato”.