Per Di Maio e Salvini nel discorso di Conte quella sull’Europa è la parte «recitata»
di Emanuele Buzzi e Marco Cremonesi www.corriere.it
Non sono insieme, ma alle ore 13 Luigi Di Maio e Matteo Salvini tirano un respiro di sollievo all’unisono. È a quell’ora che dal Quirinale arriva l’attesa convocazione per l’«avvocato e professore» Giuseppe Conte. In mattinata, dal Colle era partita una richiesta di conferma sul nome che nei due partiti del «governo del cambiamento», Movimento 5 Stelle e Lega, aveva suscitato più di qualche apprensione. È così che nasce il durissimo post su Facebook di Alessandro Di Battista («Il presidente non è un notaio delle forze politiche ma neppure l’avvocato difensore di chi si oppone al cambiamento»), oltre che l’intervento di Beppe Grillo in persona contro «il maligno gossip-check-up sul professor Conte» determinato dalla «casta che decade e si agita per puro istinto di sopravvivenza». Nell’attesa, a innervosire ci sono anche le parole del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che certo non benedice il governo in gestazione.
Conte sale al Colle e i due partiti, riuniti come il 4 marzo nelle rispettive war room, ne attendono le parole all’uscita in silenzio religioso. Salvini coglie l’occasione per manifestare il suo malumore nei confronti del centrodestra: «Io gli alleati li sento tutti i giorni, ma se continuano a darmi del traditore…». Per i leghisti, nel discorso del premier incaricato c’è una «parte recitata», quella che conferma «la collocazione europea e internazionale dell’Italia» con impegno «sui negoziati in corso, dal bilancio europeo al diritto d’asilo al completamento dell’unione bancaria». E poi, una parte «espressiva», quella che fa riferimento al contratto di governo come base della fiducia che chiederà alle Camere.