Concorsi truccati: revisori amici e bandi «ad personam». Così si ottiene una cattedra in ateneo

Dal sistema delle pubblicazioni ai candidati già scelti, ecco i metodi per condizionare i risultati delle prove  di Valentina Santarpia www.corriere.it

Dopo lo scandalo cinque anni fa delle riviste improbabili selezionate dall’Anvur per valutare gli scritti degli aspiranti docenti, gli esperti hanno reso, almeno all’apparenza, molto più difficile conquistare quei punteggi necessari per candidarsi all’abilitazione scientifica nazionale, e quindi aspirare a un posto da professore all’università.

Ma, come è noto, fatta la legge, trovato l’inganno. E così anche oggi il sistema di accreditamento ha le sue falle. A partire proprio dalle pubblicazioni. Se nelle materie scientifiche, da matematica a medicina, sono le citazioni dei propri lavori a contare, nelle materie umanistiche e in settori come giurisprudenza o economia valgono tre criteri: i libri scritti, le pubblicazioni, e quante di queste sono ospitate da riviste considerate di qualità. Servono almeno due elementi su tre.Come fa un aspirante professore a pubblicare?

Prima di tutto deve mandare il proprio lavoro all’editor della rivista, che a sua volta lo sottoporrà ai revisori anonimi. Questo meccanismo è usato anche nelle riviste internazionali, dove però la revisione viene affidata a ricercatori, dottorandi o professori. In Italia si ritiene doveroso far valutare il testo solo ad un docente associato o ordinario. Ma c’è un’altra, più evidente differenza: in un ambiente ristretto come quello italiano è facile che revisore e direttore della rivista conoscano chi sta presentando il lavoro.

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