Sono due milioni in più rispetto a 2012. Anziani quasi un quarto di chi salta o rinvia esami e terapie. La spesa privata aumenta del 3% www.repubblica.it
PIU’ CURE, ma solo per chi può pagare. Se infatti è arrivata a 34,5 miliardi di euro la spesa sanitaria sostenuta di tasca propria dai cittadini italiani, sono diventati 11 milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell’ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagarle di tasca propria. Ben 2 milioni in più rispetto al 2012. E’ quanto emerge dalla ricerca Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentata oggi a Roma al VI ‘Welfare Day’.
Aumenta la spesa privata. L’incremento della spesa sostenuta dai cittadini è stato del 3,2% nel 2013-2015, il doppio dell’aumento di quella complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo, pari a +1,7%. Un problema quello della ‘sanità negata’ che riguarda, in particolare, 2,4 milioni di anziani e 2,2 milioni di millennial, la generazione nata
tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni del Duemila. Sono le fasce più povere della popolazione dunque a soffrire di più di questa situazione: i pensionati e i giovani, spesso senza un posto di lavoro. L’andamento della spesa sanitaria privata – segnala ancora l’indagine – è tanto più significativo se si considera la dinamica deflattiva, rilevante nel caso della diminuzione dei prezzi di alcuni prodotti e servizi sanitari. C’è poi il problema del ticket che è aumentato fino a superare il costo della stessa prestazione in una struttura privata. Il 45,4% dei cittadini ha pagato tariffe nel privato uguali o di poco superiori al ticket che avrebbe pagato nel pubblico. Questo dato cresce di 5,6 punti percentuali rispetto al 2013.
Le liste d’attesa. Il 72,6% delle persone che hanno dovuto scegliere la sanità privata lo ha fatto a causa delle liste d’attesa che nel servizio sanitario pubblico si allungano. Pagare per acquistare prestazioni sanitarie è ormai un gesto quotidiano: più sanità per chi può pagarsela.Sono inoltre 7,1 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno fatto ricorso all’intramoenia (il 66,4% proprio per evitare le lunghe liste d’attesa). Il 30,2% si è rivolto alla sanità a pagamento anche perché i laboratori, gli ambulatori e gli studi medici sono aperti nel pomeriggio, la sera e nei weekend.
Peggiora la qualità del Ssn. Per il 45% degli italiani la qualità del servizio sanitario della propria regione è poi peggiorata negli ultimi due anni (lo pensa il 39,4% dei residenti nel Nord-Ovest, il 35,4% nel Nord-Est, il 49% al Centro, il 52,8% al Sud), per il 41,4% è rimasta inalterata e solo per il 13,5% è migliorata. Il 52% degli italiani considera inadeguato il servizio sanitario della propria regione (la percentuale sale al 68,9% nel Mezzogiorno e al 56,1% al Centro, mentre scende al 41,3% al Nord-Ovest e al 32,8% al Nord-Est). La lunghezza delle liste d’attesa è il paradigma – secondo l’indagine – delle difficoltà del servizio pubblico e il moltiplicatore della forza d’attrazione della sanità a pagamento.
Le polizze. Più di un italiano su due, il 57%, pensa che chi può permettersi una polizza sanitaria o lavora in un settore in cui è disponibile la sanità integrativa, dovrebbe stipularla e aderire. Così si otterrebbero anche benefici pubblici, perché molte persone utilizzerebbero le strutture private, liberando spazio nel pubblico. Secondo l’indagine sono ormai più di 26 milioni gli italiani che si dicono propensi a sottoscrivere una polizza sanitaria o ad aderire a un Fondo sanitario integrativo. Se la sanità integrativa attraesse effettivamente tutte queste persone, segnalano gli assicuratori nello studio, considerando una spesa pro-capite pari all’attuale spesa
privata media nel complesso, si avrebbero 15 miliardi di euro annui in più per la salute. E si potrebbero acquistare molte più prestazioni per i cittadini di quanto riescano a fare oggi singolarmente sui mercati privati.