La Corte suprema britannica respinge il ricorso del governo: sì alle consultazioni con Westminster per l’uscita dall’Unione Europea
corrispondente ENRICO FRANCESCHINI www.repubblica.it
La Brexit deve passare dal parlamento. Con un voto di 8 giudici a 3, la Corte Suprema ha deciso che è necessario un voto della camera dei Comuni e della camera dei Lord per decidere di dare formalmente inizio all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea: una procedura fissata dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona sulla secessione degli stati membri. Theresa May non potrà invocare tale articolo, prima che il palazzo di Westminster abbia dato la sua approvazione. Il governo, che si è detto molto deluso della decisione, ha così perso per la seconda volta la battaglia legale per cominciare le pratiche di divorzio da Bruxelles autonomamente: sconfitto l’autunno scorso dall’Alta Corte di Londra, di nuovo sconfitto stamane dalla più alta autorità giudiziaria del regno.
E’ una sconfitta simbolicamente importante, ma non è ancora chiaro se avrà conseguenze pratiche. Il ministro per la Brexit David Davis si prepara a presentare nelle prossime ore una proposta di legge al vaglio del parlamento per l’approvazione dell’articolo 50. E’ possibile che il dibattito in aula cominci assai presto, nel giro di giorni o settimane. La premier May ci tiene a mantenere la scadenza da lei stessa fissata, secondo cui l’avvio della trattativa con la Ue sulla secessione deve cominciare “entro la fine di marzo”. E’ certamente sua intenzione avere iniziato il negoziato entro giugno, cioè quando sarà passato un anno dal referendum con cui gli elettori britannici hanno sancito, 52 a 48 per cento, l’uscita dall’Europa a 28 paesi – in procinto di diventare a 27.
La previsione generale è che nessun partito si opporrà radicalmente all’articolo 50, ovvero all’uscita dalla Ue, per non apparire contrario alla volontà popolare espressa dal referendum. Ma Jeremy Corbyn, leader laburista, afferma già che il voto del parlamento sulla Brexit dovrà “avere significato”, insomma essere più un semplice sì alla decisione del governo: l’opposizione cercherà di porre dei paletti, delle condizioni agli obiettivi elencati di recente da Downing Street, in particolare sull’accesso al mercato comune e all’unione doganale. E il partito liberal-democratico chiederà che, oltre a un voto del parlamento sull’accordo finale di uscita dalla Ue, come ha già proposto la stessa May, ci sia un secondo referendum popolare su tale accordo, per permettere eventualmente al popolo di ripensarci.