Le accuse dei pm e la relazione di Palazzo Koch su finanziamenti per 185 milioni di FIORENZA SARZANINI da www.corriere.it
ROMA – Sono accusati di aver sfruttato a fini personali il ruolo che avevano all’interno dell’Istituto. E di averlo fatto per godere di finanziamenti che altrimenti non avrebbero potuto ottenere. Per questo l’ex presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi e l’ex membro del Cda Luciano Nataloni sono accusati dalla procura di Arezzo di «omessa comunicazione di conflitto d’interessi». L’indagine avviata dai magistrati toscani compie dunque il salto di qualità e punta direttamente ai vertici, individuando possibili responsabilità nel dissesto.
È il primo passo, le verifiche affidate al nucleo Tributario della Guardia di Finanza sono tuttora in corso. E la lista degli indagati potrebbe presto allungarsi, puntando direttamente al management e agli altri componenti del Consiglio di amministrazione. Ma i controlli dovranno anche stabilire come mai né Palazzo Koch, né la Consob misero in guardia dai rischi legati alle emissioni obbligazionarie, e questo nonostante siano state effettuate ben tre ispezioni tra dicembre 2012 e febbraio 2015.
Le contestazioni del procuratore Roberto Rossi a Rosi e Nataloni si rifanno alla relazione di Bankitalia che nel febbraio scorso decise il commissariamento di Etruria. E si riferiscono al periodo che va dal 2013 al 2014, quando vicepresidente era Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme Maria Elena. In particolare nel dossier degli ispettori di Bankitalia veniva evidenziato come pratiche di finanziamento per 185 milioni si siano svolte in situazioni di «conflitto d’interesse» generando 18 milioni di perdite. E subito dopo si parlava del ruolo di Rosi e di due pratiche di finanziamento intestate a Nataloni: una da 5,6 milioni di euro riguardante la società «Td Group» finita in sofferenza, una da 3,4 milioni di euro senza però l’indicazione dell’azienda. Quanto basta — secondo l’accusa — per procedere per «omessa comunicazione del conflitto di interessi» in relazione all’articolo 2391 del codice civile che riguarda proprio gli «interessi degli amministratori».
Proprio in questi giorni il nome di Rosi è finito al centro di una polemica tra il consigliere di Fratelli d’Italia e la famiglia Renzi. Il politico toscano sostiene che, dopo il commissariamento, l’ex presidente di Etruria con la sua Nikila Invest è diventato socio della Party srl, l’azienda che fa capo a Tiziano Renzi, padre del presidente del Consiglio, ed è impegnata nella costruzione di outlet. Un’attività alla quale si dedica anche Nataloni ed è proprio questo ad avere suscitato interesse negli investigatori. I Renzi hanno smentito, ma ieri il politico toscano ha reso note le visure camerali confermando l’intreccio societario.