Arriva al primo cittadino l’inchiesta sull’appalto più rilevante dell’Esposizione universal per concorso in falso ideologico e falso materiale. Venerdì dal prefetto
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella www.corriere.it
Non era mai stato indagato per l’appalto principale di Expo 2015, quello della «Piastra», la base sulla quale è stata poi edificata tutta l’esposizione universale: ora Giuseppe Sala indagato lo è, quando non è più commissario di Expo, ma sindaco di Milano. Che decide di autosospendersi, come comunicherà venerdì al prefetto.
La Procura generale, che un mese fa aveva clamorosamente tolto il fascicolo alla Procura della Repubblica non condividendone la richiesta di archiviare anche le uniche 5 posizioni minori che erano state iscritte tra gli indagati, adesso ipotizza a carico di Sala il reato di concorso in «falso materiale» e «falso ideologico» commesso il 30 maggio 2012.
La nota
Il nome del sindaco, che nella notte ha commentato con una nota, compare al sesto posto dei sette indagati elencati nella richiesta di proroga dell’inchiesta notificata ai primi cinque vecchi indagati, e cioè a due ex manager Expo, Angelo Paris e Antonio Acerbo, all’ex presidente dell’azienda vincitrice Mantovani, Piergiorgio Baita, e agli imprenditori Erasmo e Ottaviano Cinque. Il settimo, anche lui nuovo come Sala, è il costruttore Paolo Pizzarotti per tentata turbativa d’asta.
La retrodatazione
Il sostituto procuratore generale Felice Isnardi indaga Sala per quella ipotesi di falso che già anni fa era stata proposta da un rapporto della Guardia di finanza sulle modalità-lampo con le quali Expo nel maggio 2012 sostituì un componente della commissione aggiudicatrice dell’appalto sulla «Piastra» a causa di un potenziale profilo di incompatibilità: modalità-lampo finalizzate ad abbreviare la tempistica che altrimenti, con una procedura standard, avrebbe fatto slittare fuori tempo massimo l’avvio dei lavori, e conseguentemente messo a repentaglio l’apertura di tutta Expo 2015. Gli investigatori avevano cioè evidenziato la difformità tra una serie di telefonate intercettate il 30 maggio 2012 su come sostituire quel membro, e invece la data apparente del provvedimento di annullamento della nomina dei commissari, 17 maggio 2012, «giacché è palese — scriveva la Gdf — la retrodatazione».