Uno studio internazionale ha portato a nuove scoperte sul meccanismo alla base della rigidità
muscolare nei pazienti affetti da malattia di Parkinson. La ricerca, frutto della collaborazione tra
l’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, il Dipartimento di Neuroscienze Umane dell’Università
Sapienza di Roma, il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università di Roma Tor
Vergata, il National Institute of Neurological Disorders and Stroke negli Stati Uniti e l’UCL
Queen Square Institute of Neurology nel Regno Unito, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista
Movement Disorders.
I ricercatori hanno utilizzato un sistema robotico per misurare con precisione la rigidità muscolare
nei pazienti. Questo dispositivo, progettato per muovere il polso a diverse velocità in modo
controllato, ha permesso di studiare le diverse cause della rigidità, distinguendo tra quelle legate
ai circuiti nervosi e quelle proprie dei muscoli. “Grazie a questo approccio innovativo – spiega il
professor Antonio Suppa, Dipartimento di Neuroscienze Umane dell’Università Sapienza di Roma
e I.R.C.C.S. Neuromed, coordinatore dello studio – abbiamo dimostrato che la rigidità dipende da
un riflesso specifico, chiamato long-latency stretch reflex (LLR), che nei pazienti con Parkinson
funziona in modo anomalo. La levodopa ha mostrato di ridurre significativamente questa anomalia,
soprattutto durante movimenti rapidi”. L’LLR è un meccanismo che regola la risposta muscolare a
stiramenti improvvisi, coinvolgendo sia il midollo spinale sia il cervelletto.
La levodopa, considerata il trattamento più efficace per i sintomi motori del Parkinson, non solo
allevia i segni clinici, ma interviene direttamente sulla componente neurale della rigidità. “I nostri
risultati – aggiunge Suppa – mostrano che, mentre le componenti muscolari intrinseche della rigidità
rimangono invariate (ad es viscosità ed elasticità delle fibre muscolari), la levodopa riduce la
componente neurale, diminuendo la resistenza opposta dai muscoli al movimento”. Questo risultato
offre una nuova prospettiva sulla modalità d’azione della levodopa e sul suo effetto diretto sul
sistema nervoso.
Il metodo robotico utilizzato nello studio ha permesso di analizzare come la rigidità muscolare
cambi con la velocità del movimento, offrendo una nuova visione sui meccanismi della malattia.
“Abbiamo descritto un circuito nervoso responsabile della rigidità nel Parkinson, che collega il
tronco encefalico, il cervelletto e il midollo spinale. – continua il professore – Questo circuito è
influenzato dalla dopamina e potrebbe essere il punto di partenza per nuove terapie.”
La ricerca rappresenta quindi un passo avanti nella comprensione della malattia di Parkinson e
dimostra il potenziale delle tecnologie robotiche per affrontare patologie complesse, costituendo
una base per sviluppare trattamenti sempre più personalizzati.