Parte da questa semplice domanda la giornata internazionale del Fashion Revolution (24 aprile), con la quale si intende ricordare le 1133 vittime del crollo del “Rana Plaza”, un edificio commerciale di otto piani nei sobborghi della capitale Dhaka (Bangladesh). Il tragico avvenimento richiamò l’attenzione sulle condizioni di coloro che operano nel settore moda nei Paesi in via di sviluppo e che deve ancora far riflettere sulle condizioni di lavoro irregolare presenti anche nel nostro Paese. La giornata internazionale, insieme al ricordo delle vittime, si pone l’obiettivo di sensibilizzare i consumatori sulla necessità e l’opportunità che le aziende del settore moda (e non solo) adottino modelli produttivi “sostenibili”, caratterizzati da una filiera produttiva trasparente, rispettosa dell’ambiente e di coloro che vi lavorano. Obiettivi, questi, che riscuotono il consenso di una crescente fascia di consumatori e che quindi possono rappresentare, per le aziende che intendono adottarli, non solo una scelta etica ma anche un’opportunità di sviluppo.
Uno studio realizzato dalla soc. P.w.C. sul tema della sostenibilità tra i giovani consumatori (18-35 anni) – “Think Sustainability” presentato a Milano nel giugno 2016 nell’ambito del convegno promosso dalla Camera Nazionale della Moda – rileva infatti che: il 58% degli intervistati lamenta un’insufficiente attenzione delle aziende al tema; l’88% è convinto che le aziende dovrebbero comunicare, in maniera più chiara e trasparente, da chi e come viene prodotto il capo di abbigliamento; il 66% considera l’etichetta lo strumento più efficace per comunicare valori e processi produttivi; l’81% è disposto a pagare un “sovrapprezzo” per un prodotto sostenibile. I giovani inoltre, come emerge dalla stessa ricerca, sono sempre più attenti al tema della sostenibilità e, in assenza di campagne efficaci che descrivano l’impegno delle aziende, si informano da soli attraverso: i siti aziendali (33%), il passaparola (24%) e i social network (19%) mentre mostrano scarso interesse per le “celebrities” utili solo per il 12% dei giovani intervistati.
In questo contesto il tema della “tracciabilità” della filiera produttiva riveste una particolare importanza in quanto una filiera produttiva “tracciata” assicura la “trasparenza” delle diverse fasi produttive, costituisce un efficace strumento di promozione delle produzioni autenticamente “made in Italy” (il made in Italy rappresenta il terzo marchio più conosciuto al mondo), limita la contraffazione e contrasta le forme irregolari di lavoro o, peggio ancora disumane, che danneggiano le imprese che operano regolarmente. La contraffazione, in particolare genera un giro di affari illegale di circa 7 miliardi di euro, la perdita di circa 110 mila posti di lavoro e spesso utilizza, nella realizzazione dei capi, prodotti chimici poco costosi ma particolarmente pericolosi per i consumatori e per i lavoratori che li utilizzano.
Il testo di legge sulla tracciabilità dei prodotti, approvato dalla Camera dei Deputati nel 2016, offre l’opportunità alle aziende di dotarsi di sistemi in grado di fornire ai consumatori (sempre più interessati) una completa informazione sulla qualità dei prodotti, sulla provenienza delle materie I° nonché sul processo di lavorazione in seno alla filiera produttiva (così come richiesto dagli stessi consumatori). L’approvazione definitiva di questa legge quindi può contribuire a salvaguardare e promuovere il nostro settore manifatturiero moda che, ancora oggi, rappresenta un fattore di successo per la moda italiana.
Su questi temi, nell’ambito del progetto “Laboratorio Moda Molise”, Sabato 22 aprile si terrà un incontro teso a: sensibilizzare i consumatori e le imprese sul tema della “sostenibilità” (tema guida dell’EXPO 2015); sollecitare l’approvazione delle legge sulla tracciabilità; sperimentare e sviluppare “prototipi” imprenditoriali ispirati ai temi della “moda sostenibile” con i quali favorire la creazione di nuove opportunità imprenditoriali ed occupazionali nel settore.
“Laboratorio Moda Molise” promuove un incontro teso a sensibilizzare i consumatori e le imprese sul tema della “sostenibilità”
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